Contemporaneo «da strada»

Strade e piazze trasformate in spazi espositivi per l’arte contemporanea: di quartiere in quartiere, Roma si propone come un vero e proprio, nonché ricchissimo, museo a cielo aperto, che offre a chi cammina per le sue vie un’interessante panoramica sulle evoluzioni dell’arte, con particolare riguardo alla scultura, tra marmi e bronzi di autori italiani e stranieri. Le ultime ad essere state ospitate in città sono le opere di Jiménez Deredia, primo artista contemporaneo a esporre sulla Via Sacra ai Fori Imperiali. Qui e in alcune piazze - San Lorenzo in Lucina, Barberini e l’area del Colosseo, oltre ai cortili di Palazzo Massimo e Palazzo Altemps - fino al 30 novembre si possono ammirare monumentali marmi e bronzi del progetto «La ruta de la paz», rotta della pace e dell’arte che Deredia ha deciso di far partire da Roma.
La mostra temporanea è, però, solo una delle tappe di un ideale tour alla scoperta dei tesori - questi permanenti - che la Capitale «espone» all’aperto. Si comincia dalle opere di Arnaldo Pomodoro. La bronzea «Sfera», che sotto una superficie liscia rivela un complesso cuore di incastri e ombre, eseguita nel 1966 per l’expo di Montreal e divenuta poi l’opera-simbolo dello stile dello scultore, si può ammirare di fronte al Ministero degli Affari Esteri, in piazzale della Farnesina. È all’Eur, invece, dal 2004 in piazzale Nervi, «Novecento», moderno obelisco a spirale, con cui Pomodoro ha voluto, come spiega lui stesso, dare un «senso di progresso continuo, che è insieme di uguaglianza e elevamento», senza dimenticare i rovesciamenti del caso, rappresentati da incavi e torsioni della superficie.
Stesso anno per «Dea Roma» di Igor Mitoraj in piazza Monte Grappa: una gigantesca testa femminile in travertino collocata in un apposito giardino di ispirazione mediterranea. Sue anche le scultoree porte della basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, in piazza della Repubblica. Doppia tappa in viale Mazzini, per il cavallo della Rai, opera di Francesco Messina, nel cortile della Rai appunto, e, in prossimità di piazzale Clodio, per «Assalto all’Olimpo» di Bruno Liberatore, inaugurata lo scorso anno. È stato eseguito nel 1990 per i mondiali di calcio - la prima sede era di fronte al Foro Italico - ed è stato poi spostato in viale Tiziano, il «Cubo» di Mario Ceroli, geometria rossa tridimensionale in legno e acciaio che «ingabbia» un cerchio in un quadrato. Le statue di «Enea e Anchise» e «Europa», dal 2005 davanti alla sede della Provincia, in via IV novembre, sono di Sandro Chia. È una «collettiva» quella che, dal ’97 ha portato all’interno di Villa Glori, in viale Pilsudski, opere di Caruso, Mattiacci, Kounellis, Dompè, Staccioli, Mochetti, Nunzio, Castagna, Uncini, Canevari e Purini. Più artisti sono pure nel parco Prenestino-Labicano, in via Gordiani, ribattezzato «Parco delle Sculture», dalla vitrea «Luna» di Costas Varotsos, a «Porta magica» di Immacolata Datti, da «Freeze» di Anna Ajò a «Porta» di Giuliano Giuliani, senza dimenticare la rilettura di un’esedra classica di Carlo Lorenzetti in «Romana».
Dal parco all’orto. «Sipario» di Jannis Kounellis è la porta dell’orto di Santa Croce in Gerusalemme nella piazza omonima. È di Giuseppe Uncini, invece, la cancellata a tondini della chiesa del Santo Volto di Gesù, inaugurata nel 2006 in via della Magliana, che peraltro vanta un rosone di Carla Accardi, la Via Crucis di Mimmo Paladino, oltre ad opere di molti altri autori. Il marmoreo «Giano», dal 1997 in largo Santa Susanna, è di Pietro Consagra.

A confermare vocazione e vitalità espositiva della Capitale sono ancora le sculture «Ettore e Andromaca» di Giorgio De Chirico e «Grande Cardinale» di Giacomo Manzù, tirature rispettivamente del 2004 e 2006 da calchi originali degli anni Sessanta, che «vegliano» l’ingresso del museo Carlo Bilotti a Villa Borghese, offrendosi agli sguardi dei passanti senza bisogno di alcun biglietto. Un capolavoro di passeggiata.

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