La Corte dei conti accusa le Regioni del Sud

Di Campania, Lazio e Sicilia il 58% di tutti i passivi sanitari. In attivo Puglia e Lombardia

Anna Astrella

da Roma

Una sonora bocciatura arriva alle Regioni dalla Corte dei conti sull’andamento della finanza locale. Secondo i magistrati contabili il contenimento della spesa e l’indebitamento delle Regioni a statuto ordinario sono state del tutto insoddisfacenti. Dalla relazione della Sezione delle autonomie della Corte dei conti si apprende, infatti, che nel 2004 c’è stato un peggioramento del contributo ai saldi di finanza pubblica delle Regioni e degli Enti territoriali, con le Regioni e le Aziende sanitarie che passano dall’accreditamento netto di 3.252 milioni di euro nel 2003 a un indebitamento di oltre 650 milioni di euro nel 2004.
Fa riflettere il dato relativo alla spesa per il personale dipendente e al servizio, al quale va il 17% dell’insieme delle risorse non destinate alla sanità, con punte del 24% nel caso delle Regioni del Sud. In generale la quota per il personale registra nel 2004 un aumento del 9% ma con forti eterogeneità, anche nella numerosità del personale in rapporto alla popolazione, nell’arco della Penisola. In tutte le regioni meridionali si riscontrano, infatti, valori superiori alla media di oltre il 70%: il numero di occupati per mille abitanti in queste zone è in media pari a 1,67 unità contro le 0,64 nel Nord e le 0,90 nel Centro.
In totale secondo la relazione della Corte dei conti le spese complessive lo scorso anno, rispetto al 2003, sono cresciute del 5,4%. I maggiori segnali di difficoltà arrivano dalle aziende sanitarie che raddoppiano l’indebitamento raggiungendo i 5.700 milioni. In totale le uscite delle aziende sono aumentate di circa il 9% contro il 3% del 2003. Tale aumento è imputabile alle spese per redditi da lavoro dipendente (+10%), per consumi intermedi (+10,4%) e agli acquisti di beni e servizi da produttori market cresciuti nel 2004 del 7,4%.
Dal rapporto dei magistrati contabili si apprende che nell’ultimo triennio le aziende sanitarie hanno evidenziato squilibri per circa 9.500 milioni di euro, nonostante l’aumento di risorse previsto dal «patto sanitario» dell’agosto 2001. I costi sono cresciuti in media del 4,8% raggiungendo nel 2004 gli 88.934 milioni.
Anche per quanto riguarda la spesa sanitaria emerge un panorama nazionale abbastanza variegato. La «maglia nera» spetta a tre regioni del Sud: Campania, Lazio e Sicilia alle quali sono riconducibili nel 2004 quasi 2.100 milioni di perdita. Si tratta di cifre pesanti se si considera che rappresentano oltre il 58% dell’importo complessivo. Va meglio per le aziende sanitarie dell’Emilia e della Toscana che accusano un deficit solo nell’ultimo anno, soprattutto per i rinnovi contrattuali. La palma d’oro spetta, invece, alle aziende sanitarie di Puglia e Lombardia che per il 2004 hanno esposto dei risultati positivi.

In particolare la Puglia dell’ex governatore Fitto raggiunge l’ok per la spesa sanitaria nonostante gli investimenti affrontati dopo la riforma sanitaria che ha permesso di aumentare le fasce di esenzione ticket per un milione e mezzo di cittadini, di avviare nuovi servizi domiciliari e di riabilitazione, e di realizzare ospedali in zone svantaggiate.

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