Così la Champions divide l’Europa in ricchi e poveri

Spinelli: «Colpa della coppa Uefa che non vale nulla». Gandini: «Ma da quel torneo arrivano soldi per tutti». Il futuro? Il campionato europeo

Filippo Grassia

Che esista una frattura, economica e quindi tecnica, fra le prime della classe e le altre squadre è un fatto assodato in ogni parte d’Europa, dove si è formata una oligarchia accessibile solo agli abituali frequentatori della Champions League. Rarissime le eccezioni come dimostra la tabella a fianco. L’Uefa è così consapevole del problema da averne affidato lo studio a una commissione di cui fa parte anche Marco Brunelli, segretario della Lega Calcio di Milano. I risultati sono interessanti e ovvi allo stesso tempo. I campionati viaggiano a doppia velocità. Per Roberto Ghiretti, ex manager della Lega Volley e consulente di una dozzina di federazioni, la situazione è irreversibile o quasi: «Altro che frattura. Nel calcio i ricchi divengono sempre più ricchi e i poveri non hanno grosse possibilità di risalire la corrente. Lo scudetto va solo a chi fa la Champions League e ha maggiori entrate. Soluzioni? A breve e medio termine cambierà poco o nulla, più avanti si arriverà probabilmente a un vero e proprio campionato europeo. E allora i club di media entità avranno l’opportunità di insidiare nei campionati nazionali le grandi impegnate in una competizione molto più faticosa della attuale Champions League». Solo una ipotesi?
Per Aldo Spinelli, presidente del Livorno, la responsabilità è dell’Uefa che ha ridotto ai minimi termini la Coppa Uefa e non reca vantaggi alle squadre che vi partecipano: «Stando così le cose, è dannosa: inutile farla. Ci perdi i soldi e anche i punti in campionato. I vantaggi sono risibili rispetto ai problemi che ti porti appresso. Dovresti avere una rosa di 25-26 giocatori di qualità per far bene in entrambe le competizioni, ma non ti puoi permettere un lusso del genere con la prospettiva di avere tante spese e pochi ricavi. L’incasso delle partite interne basta appena a coprire i costi dell’organizzazione. Per ogni trasferta spendiamo 50-60mila euro. La partecipazione alla Coppa Uefa dovrebbe comportare invece delle entrate importanti per ridurre il gap con i club che giocano in Champions League. Se non cambia vestito, è meglio abolire questa manifestazione che ti penalizza in campionato. Il Livorno, giusto per stare ai fatti miei, affronterà due partite delicatissime in tre giorni, in pratica con gli stessi uomini. Ne vale la pena?».
Umberto Gandini, dirigente del Milan nonché membro della commissione Uefa che si occupa delle competizioni per club, getta acqua sul fuoco: «Quando si parla di Champions League, si sottolineano solo i ricavi dei grandi club. Esiste invece una forma di mutualità sconosciuta a molti. Il 25% di tutto il budget, pari a circa un miliardo di euro, è destinato al resto del calcio, alle federazioni e alle leghe più povere così come alle squadre che in questa competizione non ci metteranno mai il naso. Una somma rilevante. Ma non è vero che a vincere siano i soliti noti grazie ai soldi della Champions League. La leadership delle grandi squadre, Manchester Utd e Chelsea, Real Madrid e Barcellona, Milan, Inter e Juventus, non è nata con la nuova formula della competizione. Esiste da sempre. È anche vero che il gap s’è accresciuto. E l’Uefa, proprio per questo motivo, sta studiando il restyling della Coppa Uefa per premiare i club iscritti a questa manifestazione. Il progetto sarà presentato in un forum, previsto il 5 e 6 febbraio, prima di passare al vaglio dell’Esecutivo nella riunione di aprile. Probabile un formato simile a quello della Champions League con la novità di vendere centralmente i diritti televisivi e aumentare gli introiti. Al momento l’Uefa possiede solo i diritti dai quarti in poi».
Il cambiamento, se cambiamento ci sarà, si verificherà nella stagione 2009-2010 per dare modo ai contratti in essere di arrivare alla naturale scadenza. È il caso dei club russi, polacchi e greci che hanno ceduto, a basso prezzo, i diritti tv.

Cambierà qualcosa, ma non in maniera sostanziale. Dopo l’abbuffata di due giorni di Champions, l’appeal della Coppa Uefa resta di second’ordine. È come paragonare la Lollobrigida alla Bellucci, la Lollo di oggi beninteso.

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