Così ci scippano il petrolio libico

I ribelli chiedono di vendere grosse partite di oro nero e il Qatar, dove ha sede la tv Al Jazeera, si offre di commercializzarlo. Coincidenza: i caccia degli emiri sono forniti dai francesi

La guerra civile in Libia puzza sempre più di petrolio. Ora il Qatar, l’emirato petrolifero in cui ha sede la Tv satellitare Al Jazira, che sostiene gli insorti anche con notizie esagerate e il cui governo, insieme a quello di Parigi, ha riconosciuto quasi immediatamente gli insorti di Bengasi come unico potere legittimo della Libia, si dichiara disposto ad acquistare da loro il petrolio dei pozzi che essi occupano (la quasi totalità) per venderlo sul mercato internazionale, in cambio, essi dicono, di aiuti umanitari. Ma Hillary Clinton ha sostenuto che la vendita di armi non ricade sotto i divieti dell'Onu di forniture alla Libia, quindi gli insorti possono usare questo denaro per armarsi. Si calcola che essi, con l’assistenza commerciale e tecnologica del Kuwait, possano esportare circa 85 mila tonnellate di grezzo al giorno, ossia oltre 30 milioni di tonnellate annue, un terzo abbondante di quello che esportava il governo di Tripoli, con un introito di 15 miliardi di dollari annui. Una bella cifra, che servirebbe sia per gli «aiuti umanitari», che non sarebbero regali ma buoni affari, che per gli armamenti. E resterebbe ancora un cospicuo tesoretto da spartire, non è chiaro fra chi. Per una curiosa coincidenza, che fa anche pensare che tutto ciò non sia casuale, ma costituisca una sequenza preordinata con qualche altro governo, ben più autorevole, giunge notizia che il Qatar ha schierato a Creta una pattuglia di caccia Mirage, che effettuano azioni militari a supporto degli insorti (e non mere operazioni di «no fly zone») coordinate con i Mirage dell'aeronautica francese. Il legame del Qatar con l’aeronautica francese del resto è molto stretto perché gran parte della flotta aerea della Qatar Airways, che opera in 83 Stati del mondo, è composta di Airbus dei vari modelli e i suoi rapporti con la compagnia che li produce (la cui sede principale è a Tolosa, ndr) sono molto importanti anche in prospettiva, perché la QAir ha ordinato un altro centinaio di velivoli.
Dunque, primo tempo: il riconoscimento immediato degli insorti da parte della Francia e del piccolo Qatar, che ha un’aeronautica militare dotata di Mirage acquistati a Parigi, e presumibilmente piloti addestrati in Francia.
Poi pressoché simultaneamente il secondo tempo: bombardamenti in Libia, a supporto degli insorti, da parte di aerei dello stesso emirato, coordinati con la Francia, non con la Nato, anche ora che questa è ufficialmente titolare delle operazioni in Libia. Ed ecco, appena accertata l'occupazione da parte degli insorti di buona parte dei siti con pozzi di petrolio e di porti per l'esportazione di greggio, la terza fase: disponibilità del Qatar ad aiutare gli insorti onde esportare 85 mila tonnellate di greggio al giorno, 400 mila barili, una enorme quantità, che il Qatar, da solo, non è in grado di gestire. E, per chiudere il cerchio, la quarta fase: vendita al governo degli insorti di mercanzie definite come aiuti umanitari, nei cui convogli, non controllabili da chi non è sul posto, può entrare di tutto, comprese le armi.
Ma la parte più interessante del quadro è un’altra, su cui sia il governo provvisorio libico di Bengasi sia il governo del Qatar non hanno fornito alcuna informazione. Di quale petrolio si tratta, di quali pozzi? Di quelli che sono stati provvisoriamente abbandonati dalle multinazionali che, al primo scoppio della conflittualità, hanno ritirato tutto il personale, cessando l'estrazione e la custodia? Oppure di quelli dell'Eni, che ha temporaneamente cessato lo sfruttamento dei suoi giacimenti, dato che non è in grado di effettuare le operazioni necessarie per l'esportazione, vista la situazione di incertezza in Libia? Intanto la Germania ha proposto un blocco legale alle esportazioni di petrolio libico da parte della Nato, per mettere in ginocchio Gheddafi. Ora si scopre che il divieto verrebbe aggirato tramite il Qatar, a favore dei ribelli.

L'iniziativa non può essere lasciata al Qatar, deve essere aperta a tutti gli Stati che fanno parte dell'operazione Nato, per consentire che tutti i titolari di concessioni in Libia possano svolgere queste esportazioni. Occorre che la questione sia chiarita al più presto, per evitare che l'Italia, in tutta questa faccenda, abbia i danni e le beffe.

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