Così Tremonti può centrare il bersaglio

Il pareggio di bilancio nel 2014 è un obiettivo raggiungibile senza bisogno di tassazioni patrimoniali straordinarie. La regola aurea: se si mantiene la politica di rigore e di lotta all'evasione, la spesa pubblica crescerà meno del Pil

Così Tremonti può centrare il bersaglio

Il piano di Giulio Tremon­ti e del governo di stabilità e crescita presenta una novità d’importanza straordinaria che la stampa specializzata e i grandi giornali di opinione non hanno messo in risalto, occupati come sono a sostene­re la tesi che questo governo vive alla giornata. La novità è il pareggio del bilancio nel 2014, senza il ricorso alle tas­sazioni patrimoniali straordi­narie che Giuliano Amato e al­tri autorevoli esponenti dei partiti dell’opposizione han­no sostenuto. Qualcuno po­trebbe chiedere perché il pa­reggio è tanto importante e co­me esso si concilia con l’ob­biettivo di far crescere l’econo­mia e l’occupazione, che fan­no parte di questo program­ma.

La risposta è che il bilancio in pareggio blocca l’entità del debito pubblico e lo fa decre­scere, con la crescita del Pil no­minale della medesima per­centuale moltiplicata per il rapporto debito-Pil, che sarà allora il 116%. Ciò ridurrà il ri­schio Paese e la spesa per inte­ressi sul debito, consentendo sostanziose graduali riduzio­ni di imposte, accrescerà i va­lori patrimoniali di famiglie, banche e imprese e genererà fiducia nell’investimento.Ve­diamo perché Tremonti ha le cartucce per centrare nel 2014 questo bersaglio. Egli, per il 2011, ha rettificato in peggio sia la stima di crescita del Pil (Prodotto interno lor­do) per il 2011, che era del­l’ 1,3%portandola all’1,1% co­me il Fondo Monetario, sia la previsione di deficit per il 2011 che era del 3,7% ed ora è del 3,9%. La ragione della retti­fica non è tanto di credere al­l’oracolo del Fondo moneta­rio che spesso sbaglia, quanto di tenere conto che il tasso di inflazione ha superato il 2% e si sta portando verso il 2,5% e la Bce, la Banca centrale euro­pea, ha alzato il tasso di inte­resse di 0,25 punti e si prepara ad altri rincari. Ma la stima di Tremonti degli effetti della crescita del Pil reale (cioè al netto del tasso di inflazione) dello 1,1% anziché dell’1,3% è molto prudenziale. Infatti il tasso di inflazione, rispetto a quello prima stimato, sarà maggiore di almeno 0,5 punti. Dunque il Pil nominale salirà di più di quanto previsto in precedenza, e ci sarà un mag­gior gettito nell’Iva e nell’im­posta sul reddito. Inoltre, nel 2010 il deficit effettivo non è stato del 5,1% del Pil, come in precedenza previsto, ma del 4,5% e, quindi, vi è un differen­ziale di partenza in meglio. Mantenendo la politica di ri­gore nella spesa e di lotta al­l’evasione fiscale, che ha con­sentito tale miglioria di bilan­cio, i conti pubblici del 2011 senza manovre aggiuntive po­trebbero dare luogo a un defi­cit attorno al 3,3-3,5%. Resta­no poi ancora tre anni fra il 2011 e il 2014 compreso per al­tre riduzioni del deficit. Se in ogni anno il tasso di crescita reale (cioè al netto dell’infla­zione) della spesa pubblica è inferiore al tasso di crescita del Pil di 0,3 punti, e il tasso complessivo di crescita del Pil nel triennio è il 3,9%, fermo re­stando il tasso di interesse, ri­s­petto a quello medio del debi­to che va man mano in scaden­za per rinnovo e del nuovo, il rapporto deficit /Pil scende del 3% nel triennio portando­si nel 2014 allo 0,5 del Pil. E, con un tasso di crescita del Pil nominale attorno al 3,3% an­nuo e una politica di recupero dell’evasione, si può avere un incremento delle entrate sul Pil di 0,5 punti in tre anni, sen­za nuove imposte, anzi con al­cune riduzioni. Ed ecco rag­giunto il pareggio nel 2014. Al­la peggio l’obbiettivo sarà cen­trato nel secondo semestre. Ovviamente ciò esige una con­tinuità nell’azione di gover­no. E aggiungo uno scambio intenso tra il ministro del­l’Economia e quelli della spe­sa per mantenerne il rigore, senza però incidere su priori­tà essenziali.

Ciò sulla base di una regola aurea, che io posi nel pro­gramma del governo Craxi del 1983-1987 e che,purtrop­po, allora non fu rispettata: quella della crescita della spe­sa corrente solo di poco più del tasso di inflazione, ossia quasi invariata in termini rea­li e crescita della spesa per in­vestimenti pari a quella del Pil

o di poco inferiore. Che appa­re essere la rotta al pareggio di questo documento program­matico di un governo che vie­ne dato per morente e che, in­vece, persegue una fonda­mentale politica di medio e lungo termine.

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