Crac Italcase, condannati i big della finanza

Il verdetto è arrivato dopo quasi otto giorni di camera di consiglio. Mille miliardi di vecchie lire la cifra del fallimento della holding

Gianluigi Nuzzi

da Milano

Un terremoto giudiziario scuote i salotti buoni delle banche e della finanza. Da Brescia arrivano in tarda serata condanne pesantissime per il crac da mille miliardi del gruppo Italcase Bagaglino. Cesare Geronzi, presidente di Capitalia, è stato condannato dal Tribunale a un anno e otto mesi di carcere, stessa pena inflitta anche all’ex manager di Unipol Ivano Sacchetti e al banchiere Divo Gronchi. I due erano consiglieri della Banca agricola mantovana come Roberto Colaninno, oggi presidente della Piaggio, condannato a 4 anni e un mese, con gli imprenditori Ettore Lonati, entrambi interdetti dai pubblici uffici per 5 anni, e Steno Marcegaglia. Geronzi, Sacchetti e Gronchi sono inabilitati all’esercizio dell’impresa commerciale e incapaci a esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per anni due, ma le pene sono state sospese. A Mario Bertelli, «dominus» della bancarotta, 13 anni in carcere. Uscito alle 23.15 da una camera di Consiglio iniziata il 30 novembre con i giudici per una settimana chiusi al Park Hotel Canoa, il presidente Enrico Fischetti ha così letto la sentenza che chiama in causa direttamente le tre banche (e 62 imputati) che tra il 1998 e il 1999 cercarono di salvare Italcase e che, invece, per l’accusa, se ne approfittarono ben conoscendo il dissesto del gruppo. Di Banca di Roma, oltre a Geronzi, sono stati condannati una pattuglia di manager tra funzionari, consiglieri del comitato fidi o del comitato esecutivo. Una dozzina invece quelli della Bam e della Banca nazionale dell’agricoltura (Bna). L’accusa è di aver tenuto in vita il gruppo Italcase tramite finanziamenti e mutui con garanzie esagerate, fingendo di ignorare che era decotto. Per poi simulare crediti privilegiati e chirografari ben superiori al reale. A Geronzi dei mutui incriminati di Banca di Roma da 200 miliardi di vecchie lire, con garanzie ipotecarie quantomeno doppie, viene in realtà contestato un unico episodio quando era presidente del Comitato esecutivo. Il 23 aprile del 1999 il comitato approvò infatti l’erogazione di un mutuo da 15 miliardi con costituzione di garanzia ipotecaria da 30 miliardi. Più estese, invece, le contestazioni agli altri manager dell’istituto romano. Nella primavera del 1998, secondo l’accusa ad esempio, predisponevano o avallavano il piano di ristrutturazione firmato dal pool di banche a favore del gruppo Italcase «laddove erano ben consapevoli dello stato di insolvenza e di decozione del gruppo». Da parte loro, pur di favorire Banca di Roma, «in danno dei creditori», i manager Italcase «eseguivano pagamenti a favore dell’istituto» per quasi 21 miliardi».
Il filone delle banche rientra tra quelli che per l’accusa formano un sistematico saccheggio dei beni sociali che ha visto Bertelli, i suoi soci, banchieri e alcuni professionisti compiacenti drenare risorse e occultare le perdite. Con 67 persone finite sul banco degli imputati. La ricostruzione della Procura partiva dal 1995 quando gli imputati «iniziano una scientifica attività di maquillage sui bilanci mirata all’evasione fiscale e a mettere risorse al riparo dalle azioni dei creditori e dal cespite fallimentare». Si predispongono elementi passivi fittizi, fatture false per 1.138 miliardi di vecchie lire, fittizie promesse di compravendite immobiliari infragruppo fino a riduzioni antieconomiche concesse ai Viaggi del Ventaglio per la commercializzazione dei villaggi Bagaglino di Stintino e Liscia di Vacca. Nel mirino i piani di salvataggio predisposti dal sistema bancario e intervenuti dal luglio del 1998. Bam, Banca di Roma e Bna erogano oltre 40 miliardi «nonostante un piano industriale irrealizzabile» e «concedono denari garantiti da iscrizioni ipotecarie per il rientro di esposizioni chirografarie precedenti, compiendo una manovra spregiudicata a danno degli altri creditori». La sola Bam si fece carico di 12,8 miliardi del primo intervento e ne erogò altri 11 con garanzia ipotecaria per 16,5.

Bam venne in cambio favorita: nel ricevere 10,8 miliardi e diventando creditrice privilegiata per altri 40 miliardi. Tra l’altro Bam concesse i crediti senza far passare le decisioni dal comitato esecutivo.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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