«Creuza de Ma» diventa un docu-film sulla storia del Mediterraneo

Bruno Bigoni ha appena terminato il montaggio de «Il colore del vento». Da Dubrovnik a Itaca, da Lampedusa a Tangeri, storie di migranti e popoli con un narratore d'eccezione: lo stesso De Andrè.

Un omaggio a De Andrè. L'ennesimo. Al di là di ricorrenze e decennali vari, il cantautore genovese non smette di essere stimolo per tanti che hanno assimilato la sua «lezione», che hanno colto le sue provocazioni, che hanno raccolto il testimone e che continuano a dare voce a quell'ininterrotto «racconto» per parole e musica che - partito più di mezzo secolo fa tra i vicoli della città ligure, si è diffuso in tutto il mondo. L'ultimo «omaggio» lo firma Bruno Bigoni. Uno dei più vivaci, intelligenti e mai scontati registi di documentari, vanto del nostro Bel Paese. Bigoni ha appena finito di montare il film «Il colore del vento». Un docu-film ispirato alle canzoni di «Creuza de mar». Un racconto per immagini che prende spunto proprio dai «capitoli» del celebre disco di De Andrè. Quasi uno spartiacque nella sua produzione. Frutto della collaborazione con Mauro Pagani, il disco sceglie il genovese come lingua poetica e «definitiva» che poggia su una ricerca musicale che recupera sonorità proprie dei paesi che si affacciano sul Mare Nostrum. Un viaggio, insomma, alla riscoperta della musica mediterranea, dove gli strumenti della tradizione nordafricana, greca, e occitana convivono con gli strumenti elettrici in voga oggi. Una pietra miliare per la nascente world musica.
Il racconto per immagini di Bigoni parte proprio da qui: dalla civiltà mediterranea. E lo fa attraverso il mezzo più idoneo a capire la realtà lontano dai cliché: una nave mercantile. Come i marinai di Fabrizio si perdono nel mare per scoprire donne, uomini e città, così «Il colore del vento» naviga per cogliere e raccontare le diverse realtà del Mediterraneo, annusando cibi e strade, incrociando popoli e culture, intrecciando passato e presente. La voce di Fabrizio è una presenza costante. Una voce e un suono che accarezzano le immagini che scorrono sul grande schermo. Ogni scalo è una città di mare, ogni città è una storia.
Il viaggio ha inizio a Dubrovnik. I bombardamenti del '91 fanno da sfondo alle vicende narrate dal diario di una ragazzina quindicenne, rimasta in città sotto le bombe serbe. Procedendo verso Sud, si arriva nel porto di Bari. Dopo gli innumerevoli sbarchi di profughi albanesi, le coppie miste sono diventate una presenza costante in terra di Puglia. Violeta, donna albanese, racconta la sua storia e la sua non facile integrazione. Il mercantile riprende il viaggio, prima incontra una barca a vela e il suo skipper alla volta di Itaca, poi incrocia una nave da crociera, stessa rotta, stessa destinazione, cambia solo lo stile di navigazione. Sulla nave Tatiana, una donna russa che va a trovare la sorella mai conosciuta (danzatrice del ventre) a Istanbul. Quarta tappa del viaggio è Lampedusa dove approdano immigrati sbandati e senza futuro. Le loro tracce segnano tutta l'isola e ne modificano i ritmi di vita. Si riparte e si fa rotta per il Medio Oriente. Prima tappa Sidone. La vita nella città martoriata dalla guerra e il futuro negli occhi dei bambini. Ancora mare per arrivare a Sousse, città tunisina sul mare, dove vive e lavora la cantante e musicista Mouna Amari. Il suo canto si alza libero e possente fino al mare aperto, suggerendo nuove speranze. Speranze che animavano Barcellona durante il periodo della rivoluzione anarchica del '36: una anziana libertaria si confronta con giovani donne che continuano a credere in una società diversa. È la volta di Tangeri, città dai sogni proibiti, ultimo porto mediterraneo prima della fine del mondo conosciuto. Infine Genova, approdo finale, ci mostra un ulteriore volto del Mediterraneo: quello di una giovane clandestina nigeriana, giunta in Italia lungo la rotta degli schiavi e costretta a prostituirsi. È l'ultima istantanea del «Il colore del vento». Alcuni dei tanti volti del mare Mediterraneo, un mare che unisce dividendo, che nasconde confini esistenti tracciandone di nuovi ed invisibili.
Il progetto è stato approvato anche da Dori Ghezzi, vedova del cantautore. E sfrutta il ricco patrimonio messo a disposizione dalla stessa fondazione intitolata a De Andrè.

Bigoni ha infatti avuto modo di usare il materiale sonoro relativo ad interventi parlati di Faber, la cui voce accompagna lo svolgimento di questo viaggio in qualità di voce narrante, vera e propria spina dorsale del film.

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