Crisi, la ripresa c'è ma qualcuno la frena

Il forte calo della cassa integrazione di aprile (-20% rispetto al 2010) dimostra la buona capacità di assorbimento di lavoro delle piccole imprese. Ma senza burocrazia, con una giusitizia efficiente e sindacati flessibili, il recupero sarebbe molto più alto

Crisi, la ripresa c'è 
ma qualcuno la frena

L’economia italiana in aprile ha una buona ripresa, con un confortevole calo della cassa integrazione, il 20% ri­spetto all'aprile 2010. Ciò con­t­rasta vistosamente con le pre­visioni pessimistiche del pas­sato. Si tratta di 92 milioni di ore contro 115 milioni, con una riduzione di 23 milioni, che equivale al lavoro di 140 mila addetti a tempo pieno. In questo quadro fa spicco la ri­duzione del 47% delle ore di cassa integrazione ordinaria. Il totale di aprile di 92 milioni di ore di cassa integrazione si compone di 20 milioni circa di ore di cassa integrazione ordi­naria, pari al 43% del totale, di 27 milioni di ore di cassa inte­grazione straordinaria (un al­tro 25% circa). Nonché di 30 milioni di ore di cassa integra­zione in deroga - ossia un 32% circa del totale - concesse a la­voratori che, secondo la legi­slazione normale, non ne avrebbero diritto, in quanto si tratta di lavoratori di settori dei servizi da essa esclusi o di addetti con contratti tempora­nei della Legge Biagi, ma a cui l'attuale governo ha esteso questo ammortizzatore socia­le, in considerazione delle esi­genze sociali, dovute alla gra­vità della crisi. La cassa inte­grazione ordinaria in aprile nell'industria calando del 47%, in pratica si è dimezzata rispetto allo scorso anno. Un po' meno buona, ma comun­que notevole la riduzione del­la cassa integrazione ordina­ria nell'edilizia, che rispetto all'aprile dello scorso anno re­gistra una diminuzione del 22,5%. Calo consistente anche per la cassa integrazione in dero­ga, che scende di circa il 18%. Invece ci sono ancora 24 milio­ni di ore di cassa integrazione straordinaria, concentrate nel settore industriale. Questi andamenti ci dicono che la nostra economia, nono­stante cresca a un tasso mino­re della media europea, ha una capacità di assorbimento della disoccupazione molto migliore degli altri paesi indu­striali avanzati con cui ci con­frontiamo. Ciò dipende essen­zialmente dalla struttura della nostra industria manifatturie­ra. Questa si compone soprat­tutto di molte piccole e medie imprese e di multinazionali ta­scabili che hanno in comune la caratteristica di produrre be­ni di qualità, per i quali la ma­nodopera qualificata è impor­tante. Così quando c'è la ripre­sa produttiva, attualmente trainata soprattutto dal com­mercio estero, c'è anche il pronto recupero dell'occupa­zione delle maestranze, che costituiscono un prezioso ca­pitale umano. Lo strumento della cassa integrazione ordi­naria, spesso criticato dagli economisti della sinistra intel­lettuale, svolge una importan­te funzione di salvaguardia del serbatoio di capitale uma­no. Dunque assolve non solo a un importante funzione di protezione sociale, ma è an­che un utile strumento econo­mico. Nell'edilizia che, per sua na­tura, richiede molta occupa­zione, non abbiano avuto lo stesso calo percentuale di cig che nelle industrie in senso stretto: in essa il miglioramen­to è un po' meno della la metà di quello industriale. I lacci e lacciuoli d'una farraginosa le­gislazione e d'un ancor più far­raginoso sistema giudiziario -penale, civile ed amministrati­vo - frenano le infrastrutture. E gli ostacoli frapposti da mol­te Regioni hanno frenato il pia­no casa lanciato da Silvio Ber­lusconi. Tutto ciò ha impeditoche nell'edilizia ci fosse la ri­presa che era possibile. Senza questi impacci potremmo aspirare a una crescita del Pil dello 1,5% anziché dello 1,2%, facendo un buon passo avanti verso l'obbiettivo del 2%. Snel­lire tutte queste procedure è, dunque, una priorità. Anche il calo di ore della cas­sa integrazione in deroga sa­rebbe maggiore, se si potesse­ro sbloccare gli ostacoli al set­tore edile, che mobilita molte attività connesse. La stasi del­la cigs, che coinvolge ben 27 milioni di ore di lavoratori, fa capire che fra le luci perman­gono le ombre di molteplici crisi aziendali che, in tempi re­centi e meno recenti, hanno colpito aziende bisognose di rilevanti ristrutturazioni.

Una parte di queste crisi può esse­re risolta adottando contratti di lavoro aziendali impostati secondo criteri di produttivi­tà, come quello per le carrozze­rie ex Bertone di Grugliasco, nell'area torinese: hanno det­to sì a tale contratto anche mol­ti lavoratori con tessera Fiom-Cgil, nonostante il no dei loro capi nazionali.

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