Il 4 e il 5 settembre arrivano a Torino gli U2. I concerti promuovono il disco Songs of Innocence. Il tour è già un successo mondiale. Dopo molte polemiche, gli U2 si confermano tra i gruppi rock più amati. O meglio più amati dal pubblico. La stampa invece li ha spesso massacrati, mettendo da parte l'abituale servilismo riservato alle star. Segno di un odio profondo.
Ecco una sintesi dei principali capi d'imputazione. Gli U2 di Sunday Bloody Sunday avrebbero sfruttato la questione nord irlandese per insaporire un curriculum da borghesi di Dublino. Ipocrita sarebbe anche la passione caritatevole per l'Africa. L'esibizione al Live Aid del 1985 segna l'ascesa degli U2 all'empireo delle rockstar di caratura mondiale. Da quel momento Bono si segnala per l'attivismo contro la fame, la povertà e l'Aids. La beneficenza sarebbe soprattutto uno strumento di auto-promozione. Il cantante infatti è un cinico capitalista. A lungo gli U2 hanno goduto di un regime fiscale favorevole agli artisti. Erano gli anni della «tigre celtica» in cui l'economia irlandese cresceva a ritmi asiatici. Quando il governo decise di limitare i privilegi, gli U2 spostarono parte delle attività in Olanda. I giornali si scatenarono: i benefattori vanno a pagare le tasse altrove. Non sono loro che si battono per costruire i pozzi in Africa? Perché non vogliono contribuire a costruire gli ospedali in patria? I cronisti fecero i conti in tasca agli U2. Saltarono fuori investimenti in tutti i settori. Bono in particolare ha fatto acquisti nel campo dei media tradizionali (la rivista Forbes ) e in quello dei media digitali (Facebook e Dropbox, tra le altre cose). Ma allora i quattro rocker quando smettono i panni di paladini dei miserabili, si infilano il completo firmato e diventano affaristi... Che gli U2 siano parte dell' élite sarebbe provato dai rapporti di Bono con la politica. Il cantante avrebbe smacchiato la coscienza di George W. Bush e Tony Blair. I principali artefici della guerra in Medio Oriente hanno bisogno di un ritocco all'immagine? Ci pensa l'irlandese con le sue campagne, pronto a incassare l'appoggio di presidente e primo ministro, e altrettanto pronto a giurare sulla bontà di «George» e «Tony».
Veniamo al presente. Gli U2 si sarebbero venduti alla Apple con la scusa di interessarsi al futuro digitale della musica. In seguito avrebbero perpetrato una delle più grandi violazioni della privacy di tutti i tempi, scaricando gratuitamente (grazie alla Apple) l'album Songs of Innocence nello smartphone di milioni di persone che non ne avevano fatto richiesta. Operazione boomerang, chiusa dalle scuse della band.
Non è che le accuse siano sempre infondate. Bono è un paraculo? Certamente, come chiunque «bazzichi» lo show business da quasi quarant'anni. Gli U2 eludono il fisco? Certamente, come qualunque altra rockstar. Allora perché solo gli U2 sono bersagliati? Sarà perché il loro comportamento stride con l'impegno sociale tanto strombazzato? Potrebbe sembrare ma non è così. Infatti gli U2 sono nel mirino fin dall'esordio, quando l'unico impegno, per alcuni di loro, era la preghiera. Eccoci arrivati alla madre di tutte le accuse: gli U2 sarebbero bigotti. In un mondo di nichilisti per contratto, è inaccettabile il successo di quattro provinciali con testi imbevuti di cristianesimo. Il primo singolo importante, I Will Follow , è un biglietto da visita esplicito fin dal titolo («Io ti seguirò» richiama il Vangelo: «Lasciate tutto e seguitemi»). Il brano è stato variamente interpretato ma centrale è il concetto di Grazia («Ero perduto, sono stato trovato»). Alla fine degli anni Settanta, e ancora oggi, una simile canzone era una bestemmia nella chiesa del rock, così ortodossa nel promuovere la ribellione di maniera, le pose da Nietzsche del Bar Sport, il mito deficiente dell'autodistruzione. Gli U2 non hanno mai parlato (o quasi) della fede. In compenso le canzoni sono chiare.
Prendiamo la recente The Crystal Ballroom in cui Bono racconta l'incontro tra i suoi genitori. I primi due versi recitano: «La vita comincia con il primo sguardo/ Il primo bacio al primo ballo». Non è un manifesto pro life ma non ci sono dubbi su quale sia il retroterra. Tutto questo ha una carica eversiva, scardina i cliché . Bono e il chitarrista The Edge furono tentati di abbandonare gli U2 dopo l'uscita del primo album, Boy . La band era promettente ma lo stile di vita rock sembrava inconciliabile con il cristianesimo. Lo zelo di Bono per le buone cause nasce da quella crisi. Andò avanti ma con una missione: sfruttare a fin di bene la propria posizione. A questa nobile intenzione si è sovrapposta una certa dose di ignobile cinismo? Può essere, ma cambia poco nella pratica. Bono sa bene di esporsi alle critiche e perfino di meritarsele. Sulle sue frequentazioni politiche ha detto: «Sono disposto a essere usato, ecco il punto. Incontro chiunque, ma non mi metto con tutti. So benissimo di essere usato, ma quello che conta è il prezzo».
Il prezzo è la cancellazione del debito dei Paesi africani o la campagna di George W. Bush contro l'Aids. Chiosa di Bono: «So che per la mia immagine sarebbe più proficuo se mi presentassi con il volto coperto e una molotov in mano». Michka Assayas, nel libro intervista Bono on Bono , chiede un'opinione politica al cantante, convinto che Bono sia più vicino alla sinistra che alla destra. Risposta: «Non necessariamente. La sinistra può anche essere più generosa rispetto al problema dell'Aids e del debito, ma se la squaglia appena parliamo di riforma del commercio internazionale». Se citiamo questo passo, non è per arruolare Bono in una fazione o nell'altra. Lo citiamo perché Bono ha maturato un punto di vista sull'economia unico nel panorama.
Pochi mesi fa ha dichiarato a Rolling Stone : «Se 20 anni fa mi avessero detto che il mercato sarebbe stato in grado di far uscire dalla povertà la gente, più dello sviluppo e delle attività umanitarie, non ci avrei creduto. Invece è andata così».È andata così: la band più famosa al mondo, senza fare propaganda, esprime valori cristiani e liberali. È questo che fa arrabbiare i conformisti dell'anticonformismo.
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