Il “Ruby ter” era un processo nato sbagliato fin dall’inizio, interrogando come testimoni ragazze che invece erano nel mirino della Procura da tempo, indagate di fatto senza esserlo formalmente, sentite senza avvocati, senza il diritto di tacere. È questo, spiegano i vertici del tribunale di Milano in una nota, ad avere affossato le accuse di corruzione e falsa testimonianza mosse dalla Procura alle ragazze e insieme a loro a Silvio Berlusconi. Il tribunale non entra nemmeno nel merito dei pagamenti effettuati da Berlusconi a molte delle ragazze, si limita a dire che gli indizi a loro carico erano “non equivoci”: Ma non erano testimoni, non erano pubblici ufficiali, il reato non esiste.
“La falsa testimonianza – scrive il presidente Fabio Roia – può essere commessa solo da chi legittimamente riveste la qualità di testimone. Se viene assunto come testimone un soggetto che non poteva rivestire tale qualità la possibilità di punirlo per dichiarazioni false è esplicitamente esclusa”. E di conseguenza “non è configurabile neppure il reato di corruzione in atti giudiziari mancando la qualifica di testimone”. “Giuridicamente quest’ultimo delitto non può sussistere neppure nei confronti dell’ipotizzato corruttore, nel caso di specie Berlusconi Infatti la corruzione in atti giudiziari presuppone necessariamente un accordo tra il pubblico ufficiale corrotto e il corruttore”.
È una pietra tombale sul processo, difficilmente superabile anche se la Procura decidesse di ricorrere in appello contro l’assoluzione di Berlusconi.
Il tribunale specifica anche che le accuse di falsa
testimonianza contro il giornalista Carlo Rossella e Luca Pedrini sono cadute perché “è emersa con evidenza l’insussistenza del fatto” mentre per la senatrice Maria Rosaria Rossi “ha prevalso l’estinzione del reato per prescrizione”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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