"Tenne aperto per necessità". Assolto l'imprenditore che violò i dpcm

Era finito a processo per aver tenuto aperto il proprio ristorante di Firenze in piena pandemia, non rispettando le prescrizioni dei Dpcm emanati fra il 2020 e il 2021. Ma il giudice lo ha assolto: agì per necessità

Il ristoratore Mohamed El Hawi (a sx) insieme all'avvocato Nannelli
Il ristoratore Mohamed El Hawi (a sx) insieme all'avvocato Nannelli
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Era finito sul banco degli imputati per aver non aver rispettato le prescrizioni che imponevano limitazioni all'apertura delle attività commerciali durante la pandemia. Nel dettaglio, aveva violato per dieci volti i sigilli posti dalla polizia municipale all'ingresso del suo ristorante, aperto più volte in contrasto alle disposizioni anti-Covid adottate a cavallo fra il 2020 e il 2021. E a distanza di oltre un biennio dai fatti, è stato assolto con formula piena. La sentenza che potrebbe fare giurisprudenza sul tema, a posteriori, è arrivata nelle scorse ore dal tribunale di Firenze: protagonista della vicenda è Mohamed El Hawi, trentottenne ristoratore italo-egiziano salito alla ribalta delle cronache locali per essere stato uno dei principali esponenti fiorentini del movimento "Io Apro".

All'epoca si era ancora nel pieno della crisi pandemica, anche se numerosi ristoratori di tutta Italia chiedevano un allentamento delle misure di contrasto alla pandemia per alleviarne l'impatto economico negativo sul commercio. Ci furono anche esercenti che decisero di non rispettare il "coprifuoco" e gli orari di chiusura, fra i quali El Hawi. E quest'ultimo ingaggiò un curioso duello con il Comune di Firenze: ad ogni riapertura del locale oltre il consentito, la polizia municipale non poteva far altro che applicare la normativa straordinaria vigente in quel momento storico e sanzionare il titolare, prima di sigillare l'esercizio commerciale. Una scena ripetutasi per una decina di volte, a quanto pare. Proprio per queste sue azioni commesse nella prima parte del 2021, El Hawi è finito in tribunale. Va detto che già lo scorso febbraio aveva ottenuto dal giudice di pace l'annullamento delle multe comminategli, con l'accoglimento del ricorso per aver agito in stato di necessità.

E anche in questo caso il giudice, pur non condividendo in toto le tesi difensive dell'avvocato Lorenzo Nannelli ed avendo colto "un grado minimo di offensività" nelle rimostranze di El Hawi, ha riconosciuto lo stato di necessità sulla base del quale il ristoratore italiano di origini egiziane ha agito, a tutela dei propri dipendenti e del proprio lavoro. La "necessità di guadagnare per vivere e per fare fronte agli impegni presi verso terzi" , unita alla "tenuità del fatto", hanno quindi portato alla non punibilità del titolare del ristorante "Da Tito". "Ho rimosso dieci volte i sigilli alla mia attività, perché sicuro di stare rispettando le regole della Costituzione.

Ma soprattutto, del buonsenso - ha scritto il diretto interessato su Facebook, commentando il verdetto - se quello che fai è giusto, se sai che la strada è quella, devi fare solo una cosa: continuare a camminare".

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