Israele, irruzione alla Knesset: l'ira dei parenti degli ostaggi israeliani | Il video

Decine di persone sono entrate nel parlamento israeliano, accusando il governo di non star facendo abbastanza per assicurare la liberazione delle 136 persone che da 108 giorni si trovano nelle mani di Hamas

Israele, irruzione alla Knesset: l'ira dei parenti degli ostaggi israeliani | Il video
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Dopo 108 giorni senza notizie dei propri cari, i familiari degli ostaggi hanno portato la loro rabbia e disperazione direttamente al parlamento israeliano. Decine di persone hanno fatto irruzione nella Knesset durante una riunione della Commissione finanze, per chiedere al governo di fare di più per garantire la liberazione di coloro che si trovano ancora nelle mani dei terroristi.

Ci ascolterete, non c'è più commissione, nè Knesset, c'è un solo argomento di cui vi dovete occupare”, hanno gridato. “Non starete seduti qui mentre i nostri figli muoiono laggiù. Avete demolito il governo per la vostra agenda, ma non lo fate per la restituzione degli ostaggi”. Le accuse sono state rivolte in particolare contro il presidente della commissione Moshe Gafni, deputato di United Torah Judaism, e sono un riferimento alla battaglia degli ultraortodossi contro i lievitati negli ospedali durante la Pasqua ebraica che l'anno scorso provocò forti tensioni. Molti tra coloro che hanno fatto irruzione avevano in mano foto dei loro parenti e la sicurezza del parlamento non è riuscita a impedirne l’ingresso.

Le tensioni erano iniziate già all’esterno del palazzo, dove i manifestanti si sono riuniti per chiedere nuove elezioni e denunciare i partiti del governo di coalizione di essere “traditori che hanno rinunciato agli ostaggi”. La protesta è stata guidata da Mor Shamgar, che ha orchestrato cori infuocati contro il primo ministro Benjamin Netanyahu e ha affermato di essere stata un’elettrice del partito Likud fino al 1999, per poi lasciarlo quando ha capito che “Netanyahu è preoccupato solo per sé stesso”. Nella questione è intervenuto anche la presidente uscente dei laburisti Merav Michaeli, secondo cui “la restituzione dei sequestrati non è un tema, è l'obbligo numero uno di questo governo. Gli ostaggi sono stati abbandonati e rapiti sotto il suo controllo e quindi deve fare di tutto per restituirli”. Durante la notte, inoltre, un gruppo di familiari dei rapiti si è accampato fuori dalla residenza del premier a Gerusalemme, per esortarlo a trovare un accordo per il ritorno a casa dei 136 sequestrati che si trovano ancora nella Striscia.

Il leader di Tel Aviv ha incontrato questa “delegazione”, composta dai parenti di 15 ostaggi, e ha addossato ad Hamas la piena responsabilità della mancata liberazione dei prigionieri israeliani, sostenendo che i terroristi non hanno formulato “alcuna proposta concreta”. Il premier ha voluto anche assicurare i manifestanti che Israele “sta lavorando ad un’iniziativa, ma non posso fornire ulteriori dettagli”.

Domenica 21 gennaio, Netanyahu ha pubblicamente rifiutato un’ipotesi di accordo avanzata da Hamas e definita una “resa”, che prevedeva la liberazione di tutti gli ostaggi in cambio del ritiro delle Idf dalla Striscia e il cessate il fuoco.

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