Asia spaccata tra Israele e Hamas: i due schieramenti infiammati dalla crisi

L'eco delle tensioni tra Hamas e Israele ha raggiunto anche l'Indo-Pacifico, una regione lontana ma improvvisamente vicinissima all'epicentro del disordine mediorientale

Asia spaccata tra Israele e Hamas: i due schieramenti infiammati dalla crisi
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Il sostegno risoluto degli Stati Uniti ad Israele. Il mezzo supporto dell'Europa, con l'Unione europea non interamente allineata nel sostenere il blocco israeliano contro la Striscia di Gaza in risposta all'attacco di Hamas. Le petromonarchie del Medio Oriente ambigue, nella migliore delle ipotesi, nello schierarsi in maniera esplicita, ma intenzionate, nell'ombra, a mediare per risolvere la situazione. E il resto del mondo? Alla finestra, coinvolto anch'esso, più o meno direttamente, nella crisi.

Una crisi ormai internazionale, non solo per le vittime e gli ostaggi provenienti da più Paesi e continenti, ma anche e soprattutto per i dossier coinvolti. L'eco delle tensioni ha raggiunto persino l'Indo-Pacifico, una regione lontana, di per sé carica di altre micce incendiarie, ma improvvisamente vicinissima all'epicentro del disordine mediorientale. Con chi stanno i principali governi asiatici? Quanto e come può influire il loro supporto ad una delle due cause? Domande che meritano una risposta per evidenziare la portata globale della guerra in Israele.

La soluzione dei due Stati

Tra i pesi massimi dell'Indo-Pacifico troviamo la Cina, che ha condannato le violenze contro i civili e chiesto un immediato cessate il fuoco. Ribadendo, e questa è la parte più importante della posizione cinese, il sostegno alla soluzione dei due Stati. Secondo Pechino, infatti, "per risolvere il ciclo di conflitti tra israeliani e palestinesi" bisogna "riavviare i colloqui di pace, attuare la soluzione dei due Stati, promuovere una soluzione rapida e adeguata dei problemi attraverso strumenti politici e fare in modo che le parti risolvano le loro preoccupazioni ragionevoli".

La soluzione dei due Stati è affiancata dall'alternativa più generica di ridurre le tensioni. Questa tesi è stata sposata da molti Paesi asiatici, tra cui Cambogia, Pakistan, Thailandia, Sri Lanka e Vietnam. La maggior parte delle nazioni del sud-est asiatico si è mostrata neutrale o, come ha fatto la Thailandia, ha mantenuto un basso profilo, limitandosi a chiedere lo stop delle violenze.

"L’atteggiamento della Thailandia nei confronti dell’attacco mortale condotto da Hamas contro Israele è di neutralità. Il Regno promuove una soluzione che consentirebbe a Palestina e Israele di coesistere", ha dichiarato il viceministro degli affari esteri Jakkapong Sangmanee. Bangkok è particolarmente interessata alla vicenda, visto che 18 thailandesi risultano essere morti in territorio israeliano in circostanze non specificate mentre altri otto sono stati feriti mentre undici rapiti da Hamas. Ricordiamo, infine, che circa 30mila thailandesi lavorano in Israele, per lo più come lavoratori agricoli.

Sostenere o incolpare Israele

Tra chi, invece, ha espresso un netto sostegno a favore di Israele troviamo Singapore, che ha condannato duramente le tattiche brutali di Hamas e chiesto la cessazione della violenza. Australia, Giappone e Corea del Sud, alfieri Usa nell'Indo-Pacifico, fanno parte dello stesso fronte, così come India, Nepal e Taiwan, con quest'ultima particolarmente interessata alla vicenda in virtù della storica disputa territoriale con la Cina. Anche le Filippine, seppur con una certa vaghezza, hanno espresso vicinanza ad Israele.

Sul fronte opposto troviamo una schiera di Paesi a maggioranza musulmana che ha, al contrario, incolpato Israele per quanto avvenuto. In cima alla lista troviamo Brunei, Indonesia e Malesia, i tre Stati del sud-est asiatico a maggioranza musulmana (nel caso dell’Indonesia, donatore di lunga data di Gaza). Al gruppo si uniscono Bangladesh e Afghanistan.

Discorso a parte merita la Corea del Nord, fuori dal gruppo dei Paesi a maggioranza musulmana.

Il quotidiano Rodong Sinmun, ha pubblicato un breve articolo sul conflitto e sulle vittime scrivendo che "la comunità internazionale sostiene che questo scontro è il risultato dei continui atti criminali di Israele contro il popolo palestinese e che la via d'uscita fondamentale è costruire uno Stato palestinese indipendente". La crisi in Israele è insomma ormai già diventato un fatto globale.

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