La notte è calata sulla costa atlantica degli Stati Uniti. Dopo il suo comizio-non comizio in quel di Mar-a-Lago, Donald Trump si avvia verso i prossimi step che lo porteranno a processo, presumibilmente agli inizi del 2024. La strada intrapresa dalla Procura di New York non è affatto semplice: si dovrà dimostrare il tentativo di cospirazione partendo da una vicenda personale e pruriginosa, a sua volta legata alla campagna elettorale del 2016.
Quello che però è interessante è lo schema individuato dalla procura, ovvero il modello catch and kill, "afferra e uccidi", utilizzando fondi che sono stati nascosti e dirottati dai suoi affari e dalla campagna elettorale del 2016.
Cos'è il modello "catch and kill"
Il termine anglofono potrebbe sfuggire a molti, ma il modello di cui sopra è ben noto in ogni tipo di società contemporanea. Si riferisce a un processo in cui una persona o un ente si mette a caccia di storie che potrebbero generare discredito, acquistando i diritti su di esse senza mai avere l'intenzione di renderle pubbliche. Ciò assicura che il racconto non veda mai la luce ed è spesso usato per salvaguardare la reputazione.
Lo schema "Catch and kill" viene utilizzato in riferimento alle società di media, che possono acquistare i diritti sulle storie e quindi non pubblicarle in favore di qualcuno verso il quale possiedono una certo tipo di affiliazione. Di solito, la persona che vende la propria storia firma il modulo di non divulgazione legalmente vincolante per dimostrare la propria esclusività, ma quello stesso modulo poi intrappola dal raccontare la storia altrove. Le società di media finiscono dunque per stipulare accordi dubbi in cambio di altre informazioni o vantaggi dalla persona che stanno proteggendo.
Il testo completo dell'accusa Trump
Utilizzando un accordo di non divulgazione legalmente applicabile, solitamente i tabloid pretendono di acquistare diritti esclusivi per "catturare" la storia potenzialmente dannosa dall'individuo, ma poi "uccide" la storia a beneficio di terzi impedendo che venga pubblicata. L'individuo con le informazioni spesso non si rende conto che il tabloid intende sopprimere la storia: tecnicamente la pratica è distinta dall'uso del denaro segreto, in cui l'individuo viene corrotto da terzi per nascondere intenzionalmente le informazioni dannose, ma risulta identica negli effetti pratici che scatena.
Il caso del National Enquirer
Il tabloid National Enquirer e la sua società madre American Media, Inc. hanno spesso attirato l'attenzione negli Stati Uniti per l'abuso di questa pratica. L'editore del NE, David Pecker, avrebbe utilizzato accordi catch-and-kill per "aiutare" Trump e altre celebrità, secondo l'Associated Press. Avrebbe acquistato i diritti delle storie senza alcuna intenzione di pubblicarle, usandole poi per entrare nelle grazie del soggetto e acquisire favori, riferisce sempre l'Ap, citando "persone che hanno familiarità" con questo tipo di routine. Si tratta del vecchio scema del "L'ho fatto per te', ora cosa puoi fare per me?", ha dichiarato Jerry George, un ex giornalista di Enquirer. George ha sempre sostenuto che i giornalisti di Enquirer detestano questa pratica perché tiene fuori dalla pubblicazione storie scandalose, ma succulente. Altri ex dipendenti di Enquirer hanno riferito sempre all'Ap che le storie di Trump, risalenti a più di un decennio fa, sarebbero state "uccise" all'arrivo.
Tuttavia, l'Enquirer non è l'unica organizzazione a prendere presumibilmente parte alla pratica che esiste da sempre. Il giornalista vincitore del premio Pulitzer Ronan Farrow, il cui libro in uscita è intitolato proprio "Catch and Kill", ha contribuito a lanciare il movimento #MeToo con una denuncia dettagliata nel prestigioso New Yorker sull'ormai caduto in disgrazia magnate di Hollywood Harvey Weinstein. Quando ebbe inizio l'inchiesta di Farrow, il giornalista lavorava per NBC News, la stessa rete accusata ripetutamente di aver mantenuto un "velo di silenzio” sulla vicenda.
Le dichiarazioni della procura sulle accuse contestate a Trump
Il modello si può applicare al caso di Trump?
Venendo al caso Trump, la faccenda si complica. "Sembra che [il procuratore distrettuale Bragg] stia sostenendo, attraverso l'accusa, che il piano generale fosse quello di catturare qualsiasi informazione che avrebbe avuto un impatto negativo sulla campagna di Trump e di uccidere quella storia", ha dichiarato a Fox News l'avvocato della difesa penale Nicole Deborde. "Ciascuno di questi 34 report separati sono documenti in cui sia afferma che c'erano cose dette o messe per iscritto che non erano vere, secondo l'accusa", ha aggiunto, riferendosi alla presunta copertura finanziaria dei pagamenti per il silenzio. Le mosse di Trump e dei suoi accoliti, dunque, sarebbero state tutte progettate per catturare informazioni che avrebbero potuto costituire un problema ai fini della campagna elettorale del 2016.
Perseguire questa strada non è cosa semplice. Trump non è un media (anche se può essere assimilato a ciò) ma non è stato citato in giudizio per presunto coinvolgimento nello stesso schema "cattura e uccidi", ma piuttosto per presunta falsificazione di documenti aziendali. Il procuratore distrettuale Bragg ha infatti chiarito: “Manhattan ospita il mercato commerciale più significativo del paese. Non possiamo permettere alle aziende di New York di manipolare i loro registri per coprire comportamenti criminali".
“Come descrive la Dichiarazione dei fatti, la scia di denaro e bugie espone uno schema che viola una delle leggi commerciali fondamentali e fondamentali di New York. Come questo ufficio ha fatto più e più volte, oggi sosteniamo la nostra solenne responsabilità di garantire che tutti siano uguali davanti alla legge”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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