Si è chiusa solo al secondo grado di giudizio la vicenda processuale di Antonio De Marco, studente reo confesso del duplice omicidio di Lecce. Il giovane ha infatti deciso di non ricorrere in Cassazione dopo la conferma dell’ergastolo nel processo di appello, rendendo noto, tra l’altro attraverso i suoi legali, il desiderio che la sentenza partisse al più presto. “È stata una scelta del mio assistito - spiega a IlGiornale.it Andrea Starace, l’avvocato che con il collega Giovanni Bellisario segue De Marco - Voleva che la sentenza divenisse definitiva quanto prima e quindi mettere fine a questa vicenda. Anche la famiglia ha accettato la sua decisione”.
Il duplice omicidio di Lecce
Via Montello a Lecce è una strada abbastanza tipica per la cittadina. Case di universitari, villette di residenti e tanto verde. Una via tranquilla, sebbene a poca distanza da arterie più trafficate, dove però una sera qualcuno ha sentito urlare. Il 21 settembre 2020 infatti in una di queste ordinate abitazioni si consumò infatti l'omicidio di Daniele De Santis ed Eleonora Manta. La coppia di innamorati felici fu raggiunta da un totale di 45 fendenti, vibrati con un coltello da caccia: Manta, che durante l’aggressione avrebbe gridato “Andrea”, fu la prima a essere uccisa, mentre De Santis fu raggiunto mentre cercava di chiamare i soccorsi.
Le indagini si concentrarono da subito sulla storia personale delle vittime: De Santis era anche un amministratore di condominio, per cui inizialmente si pensò a una lite condominiale. Ma fu un buco nell’acqua. Non c’era nulla che inducesse a comprendere il movente del delitto nelle vite linde delle due vittime.
Molti vicini resero però la loro testimonianza: un uomo col cappuccio e con uno zaino venne visto allontanarsi da via Montello e fu inquadrato tra l’altro dalle telecamere di sorveglianza sparse nella zona. Mentre scappò perse dei bigliettini che contenevano il piano e le mappe con le vie di fuga. Qualcuno sentì, appunto, Manta urlare “Andrea”, credendo fosse il nome del killer, ma in realtà la giovane stava chiamando il vicino per essere soccorsa. A questo punto gli inquirenti, visto che nell’abitazione non c’erano state effrazioni, iniziarono a scavare tra le conoscenze della coppia, seppur in assenza di un movente chiaro: puntarono la loro attenzione su De Marco, con il quale De Santis aveva scambiato dei messaggi e che fino a un mese prima aveva affittato per alcuni periodi una stanza nella casa di De Santis e Manta. Pare non andassero d’accordo, per cui la coppia aveva deciso di vivere da sola, non rinnovando così il contratto.
Grazie al lavoro del procuratore Leonardo Leone De Castris, il 28 settembre 2020 De Marco fu fermato e confessò, chiarendo con gli inquirenti il movente del duplice delitto. “Il movente - chiarisce il legale - è l'unica cosa chiara. De Marco lo ha spiegato sin dal primo interrogatorio, nell'immediatezza dell'arresto, che in quello successivo davanti al gip. Ha fornito dichiarazioni che poi hanno trovato riscontro puntuale nel diario su cui annotava i suoi pensieri”.
Chi è il killer, chi sono le vittime
All’epoca dei fatti. Daniele De Santis aveva 33 anni ed era un arbitro di Lega Pro leccese: la sezione dell’Associazione Italiana Arbitri sarebbe stata successivamente intitolata a lui. Quello della sua morte era il primo giorno di convivenza senza altri inquilini con la fidanzata Eleonora Manta, 30 anni di Seclì, funzionaria dell’Inps a Brindisi. I due avevano molti amici, dei famigliari che volevano loro bene. Il padre di Daniele Fernando De Santis avrebbe infatti affermato successivamente alla condanna di De Marco: “Nessuna sentenza potrà mai colmare il vuoto che ha lasciato”. Più volte è stato riportato che De Marco non si sia pentito. “Questo è un altro dato pacifico, accertato anche dai periti della Corte d’Assise - dice Starace - il ragazzo è completamente privo di empatia. È stato ritenuto a ‘empatia 0’. Oggi comprende di aver fatto qualcosa di grave e che il suo agito comporta delle conseguenze, ma non mostra segni di pentimento. Almeno non in modo evidente”.
Antonio De Marco, all’epoca 22enne, era uno studente di scienze infermieristiche. Ma perché uccise De Santis e Manta? Gli inquirenti individuarono il possibile movente nei suoi scritti. "Io ho ucciso Daniele ed Eleonora perché volevo vendicarmi perché la mia vita doveva essere così triste e quella degli altri così allegra?”, scrisse in alcuni fogli poi sequestrati dalla polizia penitenziaria durante la custodia cautelare.
E ancora, nel suo diario: “Mercoledì ho avuto una crisi mentre stringevo un cuscino. Ho pensato che, a differenza mia, gli altri abbracciano delle vere ragazze e così sono scoppiato a piangere. Ho comprato qualche attrezzo... voglio uccidere qualcuno, voglio farlo a pezzi. Ho accettato la stanza, nella stessa casa di F., e ho già le chiavi e da qui, quando andrò via, potrò uccidere Daniele... mi piacerebbe una donna per prima, ma penso che così sarà una buona base di partenza”.
E il contenuto di altri scritti di De Marco ha corroborato il movente: “Se Dio - ha scritto lo studente nel suo diario - se il destino non vuole che Daniele e altre persone muoiano, allora deve farmi incontrare una ragazza che voglia stare con me. Altrimenti non mi fermerò e ucciderò sempre più persone. […] Ho deciso di intraprendere una vendetta contro Dio, il mondo e la mia vita. La vita che odio”.
“Lui ha ucciso il povero Daniele De Santis, per vendicarsi del fatto che non aveva una ragazza e che nessuno l’avrebbe amato mai - prosegue Starace - Egli, poi, aveva maturato una sorta di invidia nei confronti di questo ragazzo, che incarnava tutto ciò che lui non era e non aveva. Eleonora Manta non era il suo bersaglio, ha avuto la tragica sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato”.
La sentenza, la pena
Come detto, De Marco è stato condannato all’ergastolo con 3 anni di isolamento diurno, ma solo in primo e secondo grado perché non ricorrerà in Cassazione. Secondo la sentenza della Corte d’assise del giugno 2022 presieduta da Pietro Baffa, il giovane avrebbe agito "con spietatezza e totale assenza di ogni sentimento di pietà verso il prossimo”. La sentenza di secondo grado, che confermava che “Antonio De Marco era perfettamente lucido e orientato, in grado di percepire correttamente la realtà. Scelse di uccidere con estrema lucidità, scegliendo di allearsi con il male”, è stata pronunciata a febbraio 2023.
Durante la detenzione, è stata resa nota la volontà di De Marco, detenuto a Borgo San Nicola, su alcuni particolari della pena. Dapprima avrebbe voluto essere trasferito nel carcere di Bollate, dove esiste un programma di recupero pionieristico e dai risultati soddisfacenti. Successivamente ha formalizzato il cambio di indirizzo di studi, da scienze infermieristiche a filosofia. A De Marco è stato riconosciuto un disturbo di personalità narcisistica, ma nel processo è stato escluso il vizio di mente.
“Partiamo da un presupposto: anche i periti della Corte d'assise hanno evidenziato un grave disturbo di personalità del ragazzo - conclude l’avvocato - Tuttavia hanno sostenuto che questo disturbo non sia tale da incidere sulla capacità di intendere e volere di De Marco né che lo sia stato al momento del fatto. I nostri consulenti sono invece di diverso avviso, ritenendo che sarebbero stati necessari ulteriori e diversi accertamenti e che le lacune e gli errori di metodo e di procedura abbiano alterato la validità scientifica della perizia eseguita davanti alla Corte d'Assise e le loro valutazioni.
Proprio perché reputavamo insoddisfacente la perizia, dopo la condanna in primo grado, abbiamo fatto ricorso in Appello. L’obiettivo della difesa e dei familiari del ragazzo era quello di ottenere una nuova perizia o almeno che venissero disposti chiarimenti su quella precedente”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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