Gent.mo Feltri, nei vari servizi/dibattiti ho sentito spesso ripetere che i recenti violenti accadimenti nel rione Corvetto a Milano sono una conseguenza del disagio che provano molti giovani immigrati. Benissimo, vorrei però che altrettanto si facesse con tutti gli sventurati, forze di polizia e abitanti di quartieri ghetto, che ogni giorno devono convivere con questa insopportabile situazione che crea paura e, appunto, disagio, molto disagio, senza nessuna colpa se non quella di proteggere la società civile o di vivere in certe zone. Se a tutto ciò aggiungiamo la risaputa tolleranza dei tribunali nel giudicare i fenomeni di violenza provocati dagli immigrati c'è poco da stare allegri, anche perché le sinistre e le Ong continuano imperterriti a incentivare l'arrivo di immigrati senza arte né parte creando si profondo disagio, ma nella popolazione. Sarei curioso di leggere la sua opinione al riguardo.
Alberto Tonini
Caro Alberto,
ricevo la tua lettera nel mentre mi trovo, cosa che mi accade non di rado, stretto nella tenaglia della condanna mediatica e della riprovazione morale per avere osato dichiarare, a proposito dei fatti sui quali anche tu mi chiedi di esprimermi, che nei ghetti che sono ormai nelle mani degli extracomunitari mi guardo bene dall'entrare e che gli islamici mi sono insopportabili poiché li considero inferiori. E sia chiaro: non c'è alcun intento razzistico nelle mie parole, non li ritengo inferiori come razza, in quanto magari neri o comunque non caucasici. Sono inferiori, e lo ribadisco con orgoglio, come chiunque, italiani inclusi, calpesti qualsiasi regola del vivere civile, pretendendo allo stesso tempo di essere compreso, graziato, giustificato. Insomma, un quartiere è in rivolta poiché un giovane si è schiantato contro il muro ed è morto non essendosi fermato ad un posto di blocco, comportamento che inevitabilmente ha dato luogo ad un inseguimento, non perché egli è egiziano ma perché le forze dell'ordine hanno il dovere, anzi l'obbligo di inseguire chiunque forzi un blocco o si dia alla fuga, palesando la sua pericolosità sociale o la sua intenzione di nascondere le prove di un crimine. La fuga a folle velocità per le strade della metropoli non soltanto ha posto in pericolo l'incolumità dei fuggitivi ma anche della gente e degli operatori della sicurezza stessi. L'epilogo poi è stato tragico, è morta una persona, è morto uno dei fuggiaschi. E la responsabilità di tutto questo non è di sicuro attribuibile a chi lo inseguiva, ripeto, essendo questi costretto a farlo ed essendo giusto che lo facesse. È crudele affermarlo? Non importa, è la verità: questo ragazzo se l'è andata a cercare. Non è una vittima della polizia, della legge, dello Stato. È vittima di se stesso e di una cultura che disprezza qualsiasi regola. E tu dici bene: il disagio è di coloro che in quei quartieri, ormai ad alta densità di immigrati, vivono, i quali devono sopportare quotidianamente disordini, anomia, inciviltà, insicurezza, soprusi. Nelle periferie c'è gente che non esce di casa per non ritrovarsela occupata dalla famiglia di immigrati o di zingari. E parlo di anziani, totalmente indifesi, in balia di questi atti di sopraffazione. Chi abita in certe zone convive con il terrore permanente. Basta considerare questa pretesa di impunità, questo urlare all'ingiustizia, questo inveire contro le forze di polizia, questi disordini, l'avere messo a ferro e fuoco Corvetto, per rendersi conto che abbiamo perso il controllo su intere aree delle nostre città, che oggi sono a maggioranza islamica e che domani saranno veri e propri ghetti inaccessibili a chiunque, dove prospereranno estremismo, odio, crimine.
La questione è più che seria e concentrarsi sulle mie parole, indicate come razzistiche, è l'ennesima maniera di sviare l'attenzione, distogliendola dal fenomeno che denuncio.
Se non fossero inferiori questi immigrati che ci odiano, che disprezzano le nostre norme, il nostro vivere civile, i nostri costumi, i nostri simboli, la nostra fede, perché vogliono trasferirsi tutti qui? Insomma, potrebbero stare nei loro Paesi superiori, ossia più civili, meno razzisti, non fascisti, più umani.
Ecco, il mio è un invito a tornarsene lì da dove sono venuti. Essi si libereranno così del disagio di vivere qui, tra noi, noi ci libereremo del disagio di avere tra noi ospiti che covano sentimenti di insofferenza e di acredine e che non mostrano alcuna volontà di integrarsi ed assimilarsi.
Sappiano i giovani, di qualsiasi colore e provenienza, che le scorribande compiute in città nel tentativo di seminare la polizia, quando non si pagano con la galera, si pagano a volte con la vita.
Ai posti di blocco ci si ferma.
Quello che avviene se non ci si ferma è responsabilità di chi li oltrepassa. Non di chi insegue.E poi una domanda: la polizia egiziana avrebbe forse fatto scappare il ragazzo? E se non lo avesse fatto scappare e questi fosse deceduto in questa maniera, avrebbe forse chiesto perdono?
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