Spari e vendette tra ultrà. Ucciso l'uomo delle cosche

Lo scontro in un'auto: ferito all'anca Beretta, capo della curva dell'Inter. Il rivale Bellocco, nipote di un boss calabrese

Spari e vendette tra ultrà. Ucciso l'uomo delle cosche
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Rabbia repressa da tempo e a fatica, dissidi diventati incontenibili, questioni «pesanti», che non si potevano più gestire solo con un sorriso a denti stretti e un'alzata di spalle. E la Smart grigia parcheggiata nel vialetto che ieri mattina diventa una bomba a orologeria: il tempo di salire a bordo e la tensione non la trattieni più, esplode. E uccide.

Erano le undici meno venti quando sono usciti insieme dalla «loro» palestra, la «Testudo», storico punto di riferimento per praticare sport sia per gli ultras dell'Inter che per gli appartenenti a CasaPound. Via Besozzi, Cernusco sul Naviglio, 20 chilometri a nord est di Milano. Li hanno notati camminare l'uno accanto all'altro e parlare fitto fitto il 49enne Andrea Beretta - capo storico pluridaspato della curva dell'Inter e già braccio destro di Vittorio Boiocchi, assassinato la sera del 29 ottobre 2022 sotto casa, in zona Figino - e Antonio Bellocco, 36 anni, alle spalle una condanna per mafia, uno degli ultimi discendenti dell'omonima e autorevole famiglia della 'ndrangheta calabrese e che da qualche mese pare avesse «osato» scalare (riuscendoci, nonostante le fortissime tensioni) il secondo anello verde, fortino della curva Nord interista.

Dirà più tardi Beretta, dal suo letto al San Raffaele, affidando le parole al suo difensore, l'avvocato Mirko Perlino: «Quando siamo saliti sulla Smart di Bellocco io mi sono solo difeso, altrimenti mi avrebbe ammazzato». In serata, dopo essere stato sottoposto a un intervento chirurgico, avvalsosi della facoltà di non rispondere, ha però rilasciato delle dichiarazioni spontanee ai pm Paolo Storaro e Sara Ombra che lo hanno raggiunto appunto al San Raffaele e ai quali ha spiegato come sarebbero andate le cose: «Io giravo con la pistola da alcuni giorni perché da un po' ho saputo che qualcuno mi vuole fare la pelle. Una volta sulla Smart io e Bellocco abbiamo litigato violentemente e a un certo punto io gli mostrato la pistola (con la matricola abrasa, ndr) e gliel'ho puntata addosso. Bellocco allora me l'ha sfilata e ha sparato, colpendomi all'anca sinistra: mi sono salvato solo perché il caricatore è caduto, altrimenti lui avrebbe sparato ancora».

Bellocco a quel punto avrebbe minacciato Beretta di uccidere lui e tutta la sua famiglia ed è allora che il 49enne ha tirato fuori il coltello. «L'ho colpito da 7 a 10 volte» ha ammesso il capo ultrà dell'Inter. Che ieri sera dopo l'incontro con i magistrati in ospedale, è stato formalmente arrestato con le accuse di omicidio e detenzione illegale di arma da fuoco. Resta piantonato al San Raffaele.

Le indagini sono affidate ai carabinieri della compagnia di Pioltello e alla Omicidi del Comando provinciale di Milano che, intanto, ieri, attorno al San Raffaele, hanno predisposto un servizio di sicurezza delle forze dell'ordine per intercettare la presenza di altri ultrà in arrivo o per scongiurare eventuali ritorsioni nei confronti di Beretta. Subito dopo l'omicidio, infatti, nelle vicinanza della palestra di Cernusco, sono arrivati anche Marco Ferdico, Matteo Norrito e Mauro Nepi, i «capi» della curva nord dell'Inter.

I carabinieri però non temono solo che il fatto di sangue possa scatenare una guerra tra le diverse fazioni della curva, ma anche, viste le origini di Bellocco, ritorsioni da parte dell'ndrangheta che nel mondo del calcio e in particolare dello stadio di San Siro gestisce diversi giri loschi.

Gli investigatori dell'Arma intanto cercano di ricostruire il movente esatto della discussione, anche se non ci sono testimoni oculari.

Inoltre, come si ricostruisce da alcune foto pubblicate sui social, tra sorrisi e festeggiamenti, Beretta e Bellocco domenica avevano giocato insieme in una partita di calcetto contro gli ultrà del Milan. Probabilmente solo immagini di facciata che celavano dissidi ormai insanabili.

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