È stato definito il "caporalato dei rider". Cedere il proprio account da fattorino – per Deliveroo, Globo, Just eat o Uber – agli immigrati clandestini, facendosi pagare una tangente. Il fatto è semplice: chi non è in possesso di un regolare permesso di soggiorno, non può avere la licenza. E su questo le aziende del food delivery sono chiare, predicano e applicano la tolleranza zero.
Però c'è un però: chi è irregolare e vuole lavorare da rider paga chi ha la licenza e lavora al suo posto, come un fantasma, sotto falso nome, comprandone l'identità. Un losco business portato alla luce da un'inchiesta del Corriere a Milano. E così funziona un po' ovunque in Italia, e anche all'estero.
Infatti, anche in Francia il problema è noto. Come ricorda l'Adnkronos, già nei mesi scorsi oltre Alpe erano emersi i primi casi di rider che reclutavano via social – o su WhatsApp e Telegram – gli immigrati in cerca di lavoro, facendosi dare una "stecca"del 30/50% sui loro guadagni da ciclofattorini, oppure "tariffe d'affitto" dai 30 au 70 euro a settimana, come già riscontrato da Quarta Repubblica questa primavera.
A Milano ora indaga la Procura e in Francia l'ispettorato del lavoro ha già aperto
un'inchiesta da tempo. Alexander Fitussi, manager transalpino di Glovo, non nasconde il bubbone e ha spiegato che gli irregolari che lavorano sotto mentite spoglie sarebbero "almeno il 5% del totale" della forza lavoro.
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