Addio Belmondo, addio belli e possibili

È morto Jean Paul Belmondo. L'attore francese dal fascino ineguagliabile, ma dalla bellezza possibile, che ha ispirato tante, troppe generazioni

Addio Belmondo, addio belli e possibili

È morto Jean Paul Belmondo. L'attore francese dal fascino ineguagliabile, ma dalla bellezza possibile, che ha ispirato tante, troppe generazioni, con la sua sigaretta penzoloni e il suo profilo da boxer sciupa femmine.

Ad annunciarlo è stato il quotidiano parigino Le Figarò. Aveva 88 anni. Una delle maggiori icone del cinema francese, benché il suo sangue fosse italiano - il padre era di origine piemontese, la madre di orgine siciliana - esordì sul grande schermo nel '56, nel cortometraggio Molière di Norbert Tildian. Apprezzato per talento e innegabile bellezza, finirà presto nell'obiettivo delle macchine da presa dei maestri del settima arte che strabiliarono la Ville Lumiere e di là il mondo: Jean-Luc Godard, François Truffaut, Marcel Carné.

Nel 1960 si mostrerà amabile anche nel Bel Paese, nel ruolo del tenero e impacciato idealista che si innamora della Ciociara di Moravia nell'adattamento cinematografico di Vittorio De Sica.

Nel ’65, rimarrà indelebile come protagonista di Pierrot le Fou, accanto a quella Anna Karina che gli ruba quell’immancabile sigaretta per baciarlo a tradimento mentre fantasticava sul loro futuro da Bonnie and Clayde. Lavorare con Gordard, il maestro della Nouvelle Vague, sarà una sfida e una consacrazione per Bebel, come lo chiamavano i suoi amici e come imparò a chiamarlo, successo dopo successo, anche il suo vastissimo pubblico.

Sposatosi con la ballerina Elodie Constantin, divorzierà nel '66, e dopo una breve parentesi sentimentale con la sinuosa Ursula Andress, rimarrà a lungo legato all'italianissima Laura Antonelli. Un sex-simbol dopo l'altro. Si sposerà una seconda volta, quasi settantenne, con Natty Tardivel. E nel frattempo ancora cinema, spaziando dal poliziottesco all'italiana al cinema d'autore, dal duro con il cuore tenero, allo smargiasso impenitente. Nel 1984, nella parte dell'avventuriero in cerca di fortuna arruolato della Legione Straniera di Les Morfalous, riuscirà a strappare il cuore anche ai "dannati della terra", come li battezzerà Gianni Oliva nel suo libro. Superando anche il grande Gary Cooper di Beau Geste. I legionari preferivano Bebel, e glielo dimostreranno ufficialmente nel 2017 omaggiandolo di uno dei loro famigerati kepì. Nel 1989 riceverà il Premio Cesar come miglior attore in ''Una vita non basta'' di Claude Lelouch. Nulla di speciale. Dopo una carriera che lo vede impegnato in oltre 80 pellicole. Ma cosa importa quando nel mondo tre generazioni ti prendono come riferimento estetico, come idealtipo, come mito.

Belmondo, il "duro dal cuore tenero" è sempre stato accostato negli anni ad un altro francese, un bellissimo, forse il più bello di tutti: Alain Delon. Ed è forse per questo, che a tanti, tantissimi, andava di gran lunga più simpatico.

Bebel era bello sì, ma non un bello impossibile come Tancredi Falconieri del Gattopardo. Era ammantato da un fascino diverso. Un fascino più umano rispetto quello di alcuni divi di allora, e di molti, tanti, troppi divi di oggi. Il fascino di un bello e possibile che non stancava mai.

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