Addio alla nave Maestrale: ecco come cambia la nostra Marina

La fregata Maestrale è la sesta nave che si avvia alla dismissione in pochi mesi, per fare posto ad una nuova flotta, più ridotta ma più tecnologica. Ma servono più fondi per affrontare le sfide per la sicurezza nel Mediterraneo

Addio alla nave Maestrale: ecco come cambia la nostra Marina

Civitavecchia si prepara a dire addio alla nave Maestrale, che oggi parte per Livorno, ultima tappa di un tour dei porti italiani, iniziato a fine ottobre per salutare la popolazione, che si concluderà il 7 dicembre a La Spezia, dove inizieranno le procedure per la dismissione della fregata. La sesta dismissione in pochi mesi, che può considerarsi parte di un progetto di ammodernamento della Flotta Navale della nostra Marina Militare, che ci condurrà ad una riduzione forzata delle navi, per fare posto, assicurano i militari, a navi più evolute, più tecnologiche e al passo con gli standard Nato. Ma come si concilia questa politica con la crescente minaccia per la nostra sicurezza nel Mediterraneo, con l’avanzata dei terroristi di Daesh in Libia e con l’aumento dei flussi migratori provenienti dal Nord Africa? Per rispondere a questa domanda siamo saliti sulla Maestrale, e abbiamo seguito il convegno sulla sicurezza marittima, organizzato a bordo dalla Marina Militare italiana.

La Nave

Progettata negli anni ’70, varata nell’82 ed esempio di eccellenza della cantieristica italiana, la Maestrale ha rappresentato parte della spina dorsale della nostra Flotta Navale. È dotata di sistemi missilistici adatti a fronteggiare minacce di tipo subacqueo, aereo e di superficie, di un ponte di volo e di un hangar capace di ospitare due elicotteri. È arrivata a contenere fino a 225 uomini di equipaggio, nelle missioni più impegnative. Prima di otto navi gemelle, la cosiddetta Classe Venti, per via dei nomi delle navi, la Maestrale, “veloce e veemente”, come sta scritto nel motto impresso sulla nave, raggiunge i 32 nodi ed ha partecipato con successo alle più importanti esercitazioni e missioni. Tra le altre, la fregata è stata impiegata nella liberazione del Kuwait, nello sminamento del Golfo Persico, nella operazione Enduring Freedom per il contrasto al terrorismo internazionale, nell’Oceano Indiano per il contrasto della pirateria al largo della Somalia, e infine nell’Operazione Mare Nostrum nel 2013-2014, per il contrasto al traffico illegale di esseri umani nel Mediterraneo. La dismissione della fregata inizierà a La Spezia il 15 dicembre, quando la bandiera di combattimento verrà ammainata per l’ultima volta sulla nave. “La bandiera di combattimento verrà poi deposta al Vittoriano, presso il mausoleo delle bandiere”, spiega il Comandante della Maestrale, il Capitano di fregata, Giuseppe Rizzi. Il Comandante, pur non potendo fornire informazioni dettagliate, ci illustra a grandi linee anche come avverrà, in pratica la dismissione, chiarendo come “gran parte degli apparati funzionanti ed efficienti verranno destinati alle unità gemelle che sono ancora impegnate in attività operative, mentre gli altri saranno in parte custoditi in appositi magazzini in attesa di essere nuovamente impiegati”.

Cosa cambia per la nostra Marina

Ma la Maestrale, continua il comandante Rizzi, “è una nave che dopo la dismissione non sarà sostituita”. Le otto fregate gemelle infatti, dovranno essere tutte rimpiazzate dalle sei navi Fremm, le nuove fregate iper-tecnologiche nate da un progetto italo-francese, che sono in linea con gli standard delle flotte degli altri Paesi NATO. Con l’approvazione della Legge Navale infatti, si sta affrontando il problema dell’obsolescenza della nostra flotta. Nonostante questo, però, afferma il comandante della Maestrale, il fatto che “la nostra flotta sia destinata a dimezzarsi nel giro di dieci anni”, complica un po’ le cose. O perlomeno “renderà più difficile l'espletamento delle funzioni di garanzia della sicurezza con gli stessi standard qualitativi degli anni passati”, come spiega il comandante. Il processo di ridimensionamento forzato del numero di navi della marina inoltre, come afferma il comandante Fabio Agostini, dello Stato Maggiore della Marina, si colloca in controtendenza con i trend mostrati invece da Paesi “come la Russia, la Cina o l’India, che al contrario stanno aumentando le proprie flotte navali nel Mare Nostrum”. Per rendere pienamente operativa la nuova flotta navale, che risulterà più snella rispetto al passato, servono però i fondi, che per ora sono arrivati solo in parte dal governo. “I 5,4 miliardi stanziati con la legge di stabilità del 2014 hanno dato una boccata d’ossigeno” spiega il comandante Rizzi, “ma non bastano, e ne servirebbero altrettanti per continuare a poter garantire le stesse capacità operative mostrate dalla Marina Militare italiana negli ultimi trent’anni”.

Mediterraneo e sicurezza

L’Isis che avanza a Sirte, l’instabilità in Libia e nella regione del Nord Africa-Sahel, i traffici illeciti e i barconi di profughi che continuano ad attraversare il Mediterraneo, sono solo alcune delle minacce che la Marina Militare deve essere pronta a fronteggiare per garantire la sicurezza nelle nostre acque. E proprio quello della sicurezza navale nel Mediterraneo è stato il tema al centro del convegno organizzato ieri a bordo della Maestrale dalla Marina Militare in collaborazione con l’Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG), al quale sono intervenuti rappresentanti dell’Istituto Affari Internazionali e della Lega Navale Italiana. Non servono i dati infatti, per capire quanto il Mar Mediterraneo sia importante e strategico per l’Italia. Per di più in un momento in cui proprio dal mare potrebbero arrivare le più grandi minacce per la nostra sicurezza. “Non possiamo permetterci di escludere in questo momento”, afferma infatti il Comandante Agostini, “che i terroristi possano arrivare in Europa attraverso queste ondate migratorie, come alcune fonti aperte hanno evidenziato riguardo i fatti di Parigi”. In più la crisi libica si pone, alla luce delle ultime notizie sull’avanzata di Daesh sul territorio, come un problema sempre più serio per la sicurezza del nostro Paese.

Un problema che l’Italia dovrebbe affrontare “da protagonista”, secondo il direttore dell’IsAG, Daniele Scalea, intervenuto fra i relatori. Oggi dunque, secondo gli esperti, un maggiore supporto del governo alla Marina, per far fronte alle sfide per la sicurezza nel Mediterraneo, non solo è desiderabile, ma strettamente necessario.

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