Gli attacchi a Joseph Ratzinger non conoscono fine. Nonostante la distanza temporale dalla fine del pontificato, il teologo bavarese continua ad essere sottoposto ad un fuoco di fila che riguarda non solo il suo periodo alla guida della Chiesa, ma anche quello precedente.
L'ultima offensiva in ordine di tempo riguarda una presunta consapevolezza sul delicatissimo fronte degli abusi sessuali interno alla Chiesa. E per di più in Germania, terra natale del pontefice emerito. Benedetto XVI, dicono i suoi accusatori, sarebbe stato al corrente delle accuse di pedofilia mosse nei confronti di un sacerdote incaricato presso la diocesi di Monaco-Frisinga. Quella in cui il professore di Tubinga è stato incaricato agli inizi della sua carriera.
La notizia è balzata agli onori delle cronache, dopo la pubblicazione di una mail da parte della rivista tedesca Die Ziet sul comportamento di Peter Hullermann. Secondo ricerche, un "decreto extragiudiziale" del tribunale ecclesiastico dell'arcidiocesi di Monaco e Frisinga del 2016 conterrebbe delle forti critiche nei confronti di alti prelati per non aver fermato il sacerdote accusato di 23 casi di abusi nei confronti di minorenni avvenuti tra il 1973 e il 1996. Tra le figure di spicco dell'arcidiocesi, ci sarebbe anche Ratzinger, che fu arcivescovo di Monaco e Frisinga dal 1977 al 1982.
Il segretario particolare di Benedetto XVI, monsignore Georg Gaenswein, ha impiegato poco tempo a replicare a queste accuse della rivista tedesca. "L'affermazione che egli (Joseph Ratzinger, ndr) fosse a conoscenza degli antefatti (accuse di abusi sessuali) al momento dell'ammisione del padre H. è falsa. Di tali fatti precedenti non aveva alcuna conoscenza", ha fatto presente il vescovo, così come riportato da Ansa. Ma il caso sembra destinato a produrre ulteriori problemi all'interno della Chiesa tedesca e specialmente nei confronti di Benedetto XVI. Anche un altro quotidiano tedesco, Der Spiegel, già dieci anni fa aveva accusato il teologo di un coinvolgimento "più forte" nella vicenda. E a distanza di un decennio le accuse riaffiorano.
Secondo i difensori di Benedetto, le accuse sarebbero già spente sul nascere. Tuttavia, il pontefice emerito, che ha rinunciato al soglio di Pietro ormai da diversi anni, non sembra essere stato dimenticato dai suoi avversari, specie in Germania, che non perdono occasione per provare a mettere in discussione la figura un consacrato che ha previsto buona parte dell'avvenire ecclesiologico e non solo.
Il genere dell'"attacco a Ratzinger", del resto, era già divenuto di moda durante il pontificato. Dalla prima parte di Vatileaks, che in relazione all'opera di Benedetto XVI rappresentò un vero e proprio assalto combinato, passando per l'antipatia espressa da molti media che lo hanno spesso etichettato a "pastore tedesco" o a "consacrato oscurantisca" ed incapace - pensano ancora alcuni - di affrontare le sfide del futuro con categorie nuove: il "mite teologo" di Tubinga non ha avuto "un mandato" semplice, né ha potuto contare su una "buona stampa". La stessa che a volte facilita i compiti di chi è chiamato a gestire le istituzioni del mondo.
Dalla stroncatura per la posizione espressa sull'utilizzo dei preservativi in Africa al caso eclatante del discorso di Ratisbona: l'elencazione - si capisce bene - sarebbe troppo lunga e non potrebbe che non essere esaustiva. Conviene così soffermarsi su quanto accaduto negli ultimi tempi: è stato lo Benedetto XVI a tuonare sull'esistenza di una strategia teutonica volta a far sì che l'ex Papa si silenziasse. "Mi vogliono mettere a tacere", disse Ratzinger qualche anno fa, riferendosi a certe offensive provenienti dalla sua nazione d'origine.
Contestualizzando, dunque, diviene forse più semplice comprendere qualche "perché" in più: nella Chiesa
cattolica esistono guerre più o meno lapalissiane che spesso vengono combattute con armi simili a quelle che vengono utilizzate in politica. C'è chi attacca e chi si difende. E a rimetterci può essere la verità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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