Le sanzioni comminate a seguito del rilevamento strumentale di eccesso di velocità restano valide anche nel caso in cui questo sia effettuato tramite apparecchiature autovelox date in appalto dai Comuni a società private: in poche parole, quindi, non si può chiedere l'annullamento della multa anche in situazioni del genere. Tuttalpiù il problema può riguardare "la validità della costituzione del rapporto tra l'Ente locale ed il privato, ma non ha incidenza sull'accertamento dei presupposti di fatto dell'accertamento eseguito tramite" suddette apparecchiature a noleggio.
Questo, in sostanza, il contenuto della sentenza 28719 depositata oggi dalla Seconda sezione civile della Corte di Cassazione, che ha di fatto respinto il ricorso di un'automobilista sarda. Assistita dalla legale del Foro di Oristano Rossella Oppo, la signora Patrizia M. aveva deciso di impugnare la sanzione comminatale dalla polizia urbana del comune di Arborea a seguito del rilevamento di un eccesso di velocità effettuato nel giugno del 2008 tramite autovelox Traffiphot.
La contestazione
"Seppure la legge n.168 del 2002 consenta il rilevamento da remoto delle violazioni dei limiti di velocità", dichiarava la diretta interessata nel ricorso presentato alla Cassazione, "tuttavia ciò è ammissibile purchè i dispositivi vengano gestiti sotto il diretto controllo dell'organo di polizia stradale". La violazione contestatale, invece, secondo Patrizia M. non era stata accertata dagli agenti della Municipale, bensì "da addetti di società privata, cointeressata ai proventi delle sanzioni" perché "retribuita con un corrispettivo variabile del 29,10% collegato". "La corresponsione di una percentuale degli introiti" avrebbe, secondo l'automobilista, trasformato il contratto di appalto "in un contratto aleatorio in quanto il corrispettivo sarebbe stato condizionato da un 'evento', l'accertamento della sanzione, e non da un servizio effettivamente svolto, con conseguente indeterminatezza dell'oggetto". Non solo, dato che la medesima società privata si occupava anche di tarare gli autovelox, determinando per Patrizia M. un grave conflitto di interessi.
La sentenza
Tutto inutile, dato che la Cassazione ha confermato la validità della multa, come peraltro già fatto in secondo grado di giudizio dal Tribunale di Oristano nel 2018, sovvertendo la sentenza di annullamento del verbale pronunciata in primo grado dal giudice di Pace di Terralba.
"La remuneratività del servizio in relazione ai proventi delle sanzioni amministrative non è rilevante dal momento che le violazioni devono essere accertate dalla Polizia Municipale", si legge nella sentenza degli Ermellini,"né sussiste alcun profilo di invalidità del verbale connesso al vincolo di destinazione dei proventi, per almeno la metà, a particolari finalità pubbliche", secondo quanto previsto dall'articolo 208 del Codice della Strada. Prevedendo quest'ultimo che una quota dei proventi derivanti dalle multe sia devoluta agli Enti pubblici, il fatto che tali violazioni siano accertate dal personale in forza presso detti Enti "non collide con il noleggio delle apparecchiature di rilevamento della velocità a soggetti privati".
Come previsto dal contratto, i dati raccolti dagli autovelox confluivano in un server e restavano a disposizione della polizia locale per effettuare verifiche e comminare eventuali sanzioni amministrative. Potrebbe essere ritenuta illegittima, conclude la Cassazione, "la sola totale delega delle funzioni di accertamento delle infrazioni a società privata". Nessuna violazione, pertanto, è stata compiuta dagli agenti, che hanno usufruito regolarmente di suddetto database.
Anche la questione relativa alla taratura degli autovelox non ha comportato alcuno strascico, dato che il contratto era esplicito "nel ricondurre esclusivamente al Comune la piena disponibilità, la diretta gestione e vigilanza dei dispositivi". La diretta interessata, pertanto, dovrà ora pagare sia la sanzione che i mille euro di spese legali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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