Basta una sentenza a eliminare il papà

Il padre è morto. Amen. Il Sessantotto aveva provato il parricidio in tutti i modi ma non c'era riuscito del tutto.

Basta una sentenza a eliminare il papà

Il padre è morto. Amen. Il Sessantotto aveva provato il parricidio in tutti i modi ma non c'era riuscito del tutto. Il padre era ancora tra di noi, sebbene malconcio, moribondo, violentato, rimpicciolito, demolito nel ruolo di educatore, ormai quasi de-responsabilizzato. L'epitaffio l'ha scritto ieri un giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere: gli embrioni creati e crioconservati da una coppia che nel frattempo si è separata potranno essere impiantati alla donna anche contro la volontà dell'ex partner.

E il padre naturale? Se non vuole il figlio, essendo biologicamente padre, ne sarà anche legalmente responsabile, prima ancora che moralmente? E qui si apre una prateria, anzi una voragine. Perché quel figlio che non voglio è comunque anche mio. Sarò costretto dalla legge a riconoscerlo? Probabilmente no, ma il problema resta. Perché lo dice la legge morale, per chi ne ha ancora una, dentro ognuno di noi. La legge 40 che introdusse per la prima volta la fecondazione assistita nel nostro Paese è stata demolita lentamente a colpi di sentenze che hanno calpestato il volere del Parlamento che la scrisse nel 2004 e quello del Paese che ne impedì l'abrogazione tout court nel referendum abrogativo del 12 giugno del 2005. Dello scheletro della legge 40, aveva osservato qualche tempo fa la senatrice Udc Paola Binetti, sono rimasti alcuni pilastri importanti: il divieto di sperimentazione sull'embrione e l'articolo 12 che punisce l'orrenda pratica dell'utero in affitto (vietata in Italia ma pubblicizzata sui siti e su Facebook perché in altri Paesi è legale, come ha denunciato ieri Isabella Rauti di Fdi) «a difesa della dignità della donna e dell'unità della percezione della figura materna, non scomposta tra madre genetica, gestazionale e sociale». È rimasto anche l'articolo 1 che prevede «il valore giuridico del concepito come soggetto di diritti», e il principio della necessità di «riduzione dei danni di ordine fisico e psicologico dei soggetti coinvolti nella pratiche di fecondazione artificiale», come il povero, vituperato padre.

Forse è il caso che questo Parlamento e questo esecutivo, con in testa il Guardasigilli Marta Cartabia, pongano un freno a questa deriva giudiziaria. Che dopo aver ucciso la figura paterna pensa di sconfiggere la biologia «in nome del popolo sovrano». Mentre il popolo ha già detto not in my name. Non in nome del padre.

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