“La paura c’è. Dei genitori, ma anche dei docenti. Paura del contagio, di un virus che non molla la presa, di un possibile ritorno in una zona rossa o comunque alle chiusure. Se penso che sabato 21 febbraio 2020 abbiamo chiuso il nostro ultimo giorno di normalità con un ricordo in teatro di Paolo Grassi (una delle più importanti personalità del mondo teatrale italiano, ndr)”. L’ottimismo della volontà, quello della professoressa Elena Lazzari. Dal 2014 preside dell’istituto tecnico economico Abba Ballini di Brescia. 1.300 studenti, 132 docenti, 10 impiegati. Una scuola aperta dal mattino fino ai corsi serali che terminano dopo le ore 23. O meglio terminavano prima che il coronavirus rimettesse tutto in discussione. Lo scorso 26 aprile l’Abba Ballini ha riaperto i battenti. E qui arriva il pessimismo della ragione.
Preside Lazzari in che senso c’è paura?
“È come se su di noi pendesse una spada di Damocle, l’idea di una nuova chiusura generale. È come se inconsapevolmente ci prefigurassimo l’ipotesi peggiore. Forse perché la chiusura a fine ottobre 2020, durante la seconda ondata pandemica, ci ha colpito psicologicamente dopo l’inizio dell’anno scolastico in presenza a settembre 2020. Il ritorno a scuola ci aveva dato fiducia, il coronavirus sembrava superato”.
Lei ha paura?
“No, ma non per incoscienza. Ho avuto il coronavirus a marzo, la variante inglese. Mal di testa, febbre, dolori alle ossa e ai muscoli. Ma ero più arrabbiata perché costretta a organizzare da casa a distanza iniziative molto importanti in programmazione quel mese, come la rete di scuole bresciane per sensibilizzare gli studenti circa il tema della violenza sulle donne e il relativo concorso artistico- letterario con oltre 300 studenti coinvolti da Brescia e provincia”.
A cosa sono legate le maggiori incertezze?
“Ai trasporti pubblici. Vedo pullman strapieni nonostante l’Abba Ballini e le scuole di questa zona di Brescia non siano ancora frequentate in presenza dal 100% degli studenti. Le scuole possono prendere tutti i protocolli di sicurezza che vogliono, ma se poi sui trasporti pubblici viaggia il virus, tutto diventa inutile”.
Oggi il ritorno in aula per gli studenti. Qual è la situazione all’Abba Ballini?
“Ci sono due classi su 50 in quarantena preventiva da fine aprile. Per il resto sono tornati in classe oltre 900 studenti su 1.300, il 70%. In generale in questi 15 mesi di pandemia non si è acceso nessun focolaio all’interno della scuola. Il picco massimo di 23 studenti di classi diverse contagiati è nato per casi singoli esterni alle dinamiche scolastiche. La tracciabilità dei contagi è assoluta a anche la quarantena fiduciaria può essere attivata tempestivamente, a pochissima distanza di tempo dalle famiglie che ci segnalano uno studente positivo”.
Quali sono i problemi principali per gli studenti al rientro in classe, preside Lazzari?
“Ad esempio gli studenti delle quinte classi vorrebbero poter fare un esame di maturità normale, con scritti e orali. Ma penso che seguiranno la sorte dei loro compagni dello scorso anno, una sola verifica orale. Ma non c’è solo questa mancanza di esperienza collettiva a preoccupare”.
Quali sono altre questioni aperte da oggi per i suoi studenti?
“Molti sembrano non avere più l’abitudine alle relazioni umane. C’è quasi un’ostilità istintiva verso gli altri, coetanei e adulti. C’è una studentessa anoressica che ha visto aggravarsi i suoi problemi con la pandemia. Stare sola in casa non le ha fatto certamente bene. Mi ha detto di aver disimparato ad avere relazioni. In casi come questo i ragazzi vanno presi per mano e pian piano riportati a una normalità di relazioni e di dialoghi interpersonali. Serve lo studio insieme ai coetanei, superare il malessere con l’aiuto anche dei compagni più volitivi e ottimisti. Qui all’Abba Ballini c’è una psicologa che viene due mattine alla settimana per 7 ore totali”.
E i casi di sindrome da isolamento, i cosiddetti “hikikomori”?
“Sono più che raddoppiati in un anno. Se prima della pandemia tra settembre 2019 e gennaio 2020 perdevo una quindicina di studenti, quest’anno sono rimasti a casa nello stesso periodo 41 studenti. Si tratta spesso di ragazzi di 14-15 anni che fanno coincidere il mondo con la loro cameretta e lì restano chiusi. La pandemia e gli isolamenti forzati hanno chiaramente peggiorato la situazione. E i tentativi di recupero da parte della scuola sono andati a vuoto, perché le famiglie sono impotenti, non sanno cosa fare. C’è un disorientamento generale, più che un senso di protezione parossistico nei confronti di figli che escono da un normale percorso scolastico”.
Sono tornati a scuola purtroppo studenti che hanno vissuto lutti familiari anche pesanti…
“Brescia e la sua provincia sono stati uno dei territori più colpiti dal coronavirus purtroppo. Molti ragazzi hanno perso i nonni, che in molti casi sono come i genitori, altri erano soli a casa mentre mamma e papà insieme erano ricoverati in ospedale per degenerazioni gravi del COVID. In molti occhi non vedo solo paura per il presente, ma anche il risveglio traumatico da un incubo. Dovremo lavorare anche sul cuore di questi ragazzi, oltre che sulla mente”.
La didattica a distanza è una didattica mutilata, come ha detto qualcuno?
“L’Abba Ballini come il resto degli istituti scolastici italiani, non è rimasto chiuso, come erroneamente si è detto e scritto da più parti. Perché ha lavorato, e molto, con gli studenti a distanza. Certo la D.A.D. è emergenziale e non potrebbe essere altrimenti, però è un’esperienza da non mettere nel cassetto anche dopo la pandemia. L’Abba Ballini l’ha attivata dal 26 febbraio 2020, tre giorni dopo la chiusura. Se ben gestita con competenze che i docenti stanno maturando può essere un’integrazione. Certamente non funziona in fase di valutazione. Gli studenti motivati restano sempre tali; ma gli altri hanno risentito negativamente della situazione. Ci sono stati stratagemmi di ogni tipo: farsi inquadrare dalla webcam a metà volto perché in un orecchio si ha un auricolare da cui arriva la voce di un provvidenziale suggeritore. Oppure foglietti e appunti a disposizione sul tavolo da lavoro. Ma in realtà sono fasi di apprendimento perse, lo studente furbo penalizza se stesso”.
Studenti che sono stati per lunghe ore in navigazione sulla rete durante i forzati isolamenti domiciliari. La concentrazione potrà tornare in fretta tra i banchi?
“Il multitasking è diventato esasperato, il lockdown ha mandato gli studenti sempre connessi in totale deconcentrazione. Le difficoltà d’apprendimento sono all’ordine del giorno. Sarà necessaria una didattica in presenza partecipata, con un’attività partecipata dello studente da restituire al docente in tempo reale. La deconcentrazione è lo status normale. C’è parecchio lavoro da fare”.
Cosa vuol dire per la scuola guardare al futuro?
“Non voglio ritornare alla scuola di prima, dobbiamo fare tesoro di questi 15 mesi e pensare a una nuova comunità scolastica, con altri tempi, altre modalità d’utilizzo, una didattica a distanza integrata, gruppi di lavoro più flessibili, una classe liberata dai banchi. Ho trovato assurda la polemica sui banchi a rotelle, come se i banchi fossero l’elemento finale della scuola! I sette punti del Piano Bianchi dello scorso febbraio mi sembrano una buona base di partenza”.
Amministrazione finanza, sistemi informativi, relazioni internazionali, turistico: questi gli indirizzi didattici dell’Abba Ballini. Cittadini del futuro abituati ancora a un mondo globalizzato, nonostante tutto?
“Mi piace pensare che supereremo la paura e le diffidenze e torneremo a viaggiare a spostarci, a essere curiosi di altre esperienze diverse dalle nostre. Il 21 febbraio 2020, proprio allo scoppio in Italia del COVID, era in programma un viaggio-studio in Cina che poi è stato immediatamente annullato, naturalmente. Mi piace pensare che torneremo a far girare il mondo anche ai nostri studenti”.
Nell’anno scolastico 2019-2020 l’istituto Abba Ballini per causa di forza maggiore non ha potuto essere lo spazio fisico d’incontro di un’intera comunità di docenti e studenti per 79 giorni sui 206 previsti dal calendario didattico per le lezioni in presenza. Nell’anno scolastico 2020-2021 le lezioni recuperate con la didattica a distanza sono state finora 106 su 209 previste dal calendario didattico. Questi ordini di grandezza valgono più o meno per tutte le 53.313 scuole pubbliche in Italia. Nemmeno i bombardamenti anglo-americani durante la Seconda Guerra Mondiale, che pure rasero al suolo molte città italiane, fermarono le lezioni scolastiche nella proporzione determinata dal COVID-19, entrato nel suo quindicesimo mese pandemico, almeno per ciò che riguarda il nostro Paese. Le incognite per la scuola restano tante. Tra oggi e lo scorso 26 aprile in Italia sono tornati tra i banchi circa 7.600.000 studenti su 8.300.000. Comunità decisive per gli italiani che verranno. E quindi per l’Italia che verrà.
Anche la campanella dell’Abba Ballini di Brescia è tornata a suonare. Dopo tanti, troppi mesi di silenzio. I ragazzi si rivedono senza ancora potersi riabbracciare. Chissà che il loro ottimismo non possa fungere da vaccino, almeno psicologico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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