Quella del 2020 sarà ricordata come l’estate caratterizzata dalle “invasioni” dei migranti sulle coste italiane unitamente alla grave emergenza sanitaria legata al coronavirus. Sono ben 19.995 gli arrivati di quest’anno a fronte dei 5.571 dello stesso periodo del 2019. Non è necessario essere dei matematici per capire che il numero è di gran lunga superiore a quello dello scorso anno. Ma fino a febbraio il numero dei migranti è rientrato grossomodo negli “standard” per motivi legati al periodo invernale e quindi alle condizioni meteo. E a marzo, a “causa” del lockdown, gli sbarchi sono stati minimi se non assenti.
Ad aprile è esplosa inaspettatamente la “bomba degli arrivi”con dati che preannunciavano quello che sarebbe accaduto nei mesi a seguire. L'hotspot di Lampedusa con i suoi 195 posti, si è trovato ad ospitare più di mille migranti permettendo al virus di veicolare con più velocità tra una persona e un’altra. In poco tempo sono salite a circa 10mila le persone approdate sull’isola maggiore delle Pelagie. All’interno del centro di accoglienza di contrada Imbriacola le operazioni per lo svuotamento, dopo mesi di appelli, sono state completate la sera del 7 settembre. I migranti sono stati imbarcati sulle navi Rhapsody e Adriatico e il centro - promettono - chiuso per lavori di ristrutturazione. Non solo Lampedusa, ma anche altri porti siciliani hanno dovuto fare i conti con gli sbarchi (anche fantasma) e la gestione dell’emergenza sanitaria. Ed allora ecco moltiplicarsi da parte degli amministratori locali le richieste continue di aiuto al governo.
La scelta del governo: puntare sulle navi per la quarantena
Ad aprile a Roma l'emergenza migratoria sembrava molto lontana: con il Paese ancora sconvolto dal lockdown, dalle parti di Palazzo Chigi e del Viminale nessuno prestava attenzione a quanto accadeva in Sicilia. Bastavano anche pochi sbarchi perché il sistema di accoglienza, complice l'emergenza coronavirus, andasse in tilt. Per questo dall'isola alcuni sindaci e il presidente della Regione Musumeci avevano invocato la presenza di navi per la quarantena.
Una scelta provvisoria, di poche settimane, per limitare la portata degli effetti dei primi sbarchi in attesa di interventi più strutturali. E così a metà aprile è arrivato il via libera al primo esperimento in tal senso: la nave della Tirrenia Raffaele Rubettino è giunta a Palermo per prendere a bordo i migranti approdati dalle navi Aita Mari e Alan Kurdi. Ma la vera prova del nove sull'uso delle navi per la quarantena è arrivata il 9 maggio, quando a Porto Empedocle è approdata la Moby Zazà. Un traghetto con 250 posti all'interno che, nelle intenzioni del Viminale, doveva risolvere ogni problema. Ben presto però l'esperimento si è rivelato un fallimento: la capienza non ha garantito il ricollocamento a bordo di tutti i migranti sbarcati. E a fronte di costi esorbitanti per le casse dello Stato la Moby Zazà ha anche ospitato 30 migranti positivi al coronavirus arrivati a giugno dalla Sea Watch 3, circostanza che ha comportato la dichiarazione di “zona rossa” a bordo della nave e che ha poi indotto l'armatore a non prorogare il contratto con lo Stato.
L'arrivo di nuove navi
Nonostante il fallimento dell'esperienza della Moby Zazà, il governo ha deciso di proseguire su questa linea. A fine luglio è stata individuata un'altra nave a cui affidare il servizio per la quarantena ai migranti: la Azzurra, mezzo della compagnia Grandi Navi Veloci. A cui il 7 agosto si aggiunge la nave Aurelia della Snav, al centro il 21 agosto di una "contesa" tra il sindaco Pd di Trapani e quello grillino di Augusta che con ordinanze distinte ne vietavano l'attracco. Dal primo settembre risulta invece operativa la nave Allegra di Grandi Navi Veloci, il giorno precedente un bando ha individuato altre due navi sempre per lo stesso servizio, per un totale di cinque mezzi operativi già entro la prima decade di settembre. Un imponente schieramento di navi, che però non ha alleviato l'emergenza immigrazione: gli hotspot a Lampedusa e in Sicilia continuano a essere pieni e la situazione è sempre più critica. Il perché è presto detto: le navi per la quarantena potevano essere una soluzione a breve termine, all'inizio dell'estate. Al contrario, il governo ha considerato questa via come l'unica possibile, senza andare a incidere strutturalmente su un fenomeno, quello migratorio, che nel pieno della pandemia ha assunto dimensioni importanti.
Quanto costano le navi quarantena allo Stato?
Ma quanto costa tutto ciò? Dati alla mano, cifre da urlo. La nave Moby Zazà che ha sostato in rada a Porto Empedocle dal 9 maggio fino al 22 luglio è costata 1.200.000 euro; mentre la nave Azzurra, in rada a Trapani dal 3 agosto, ha un costo complessivo di 4.793.200 euro e svolgerà le proprie funzioni fino al 31 ottobre prossimo. Vi è poi la nave Aurelia che dal 18 agosto e, per un totale di 64 giorni, ospiterà i migranti nella rada di Trapani per un totale di 3.334.000 euro. Poi l’arrivo della nave Allegra entrata in funzione a Palermo la notte del 2 settembre e di cui non si conoscono i dettagli sui costi (è stata reperita con una procedura d’urgenza). Infine gli ultimi due mezzi: la Rhapsody e l’Adriatico, entrambi appartenenti alla società Grandi Navi Veloci. Le due navi svolgeranno la loro attività per un periodo di 40giorni, per un totale di 4.168.000 euro. Calcolatrice tra le mani, il governo ha speso (escludendo la nave Allegra) la cifra di 13.495.200 euro. Si può ragionevolmente sostenere, quindi, che il costo complessivo raggiunge almeno i 15 milioni di euro.
La doppia beffa per l'Italia: “Navi costose e pericolose sotto il profilo sanitario”
Ad esprimere perplessità sulla scelta del governo anche il professore ordinario di Microbiologia e Virologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, Massimo Clementi: “Una nave popolata, in un contesto di possibile emergenza legata alla presenza di virus, è la situazione meno felice che possa esserci – ha dichiarato il virologo a ilGiornale.it – Gli spazi sono limitati e possono esplodere da un momento all'altro nuovi focolai". Basta cioè anche un solo contagio e la situazione potrebbe degenerare: “Ma non lo dico soltanto io – ha tenuto a specificare Clementi – Di recente lo ha affermato anche il collega Massimo Galli. Tra noi virologi è forte la consapevolezza che isolare le persone in una nave non è operazione saggia”.
Basta pensare a quello che è successo sulla nave da crociera Diamond Princess, dove ad inizio pandemia a marzo la scelta di bloccare tutti i passeggeri a bordo ha determinato la formazione di uno dei primi e pericolosi focolai fuori dalla Cina. Dunque, la scelta di rinchiudere i migranti in traghetti trasformati in centri di accoglienza galleggianti ha per l'Italia il sapore di una doppia beffa: "In questa maniera di certo non si risolve il problema – ha concluso il professore – Se l'obiettivo è svuotare gli hotspot, non si può certo richiedere l'arrivo continuo di sempre più navi, è una strategia costosa e rischiosa per la popolazione”.
"L'Italia rischia di essere una grande nave quarantena"
“Quello che è mancato al governo è stato il coraggio di intraprendere azioni decise sull'immigrazione, a partire dalla chiusura delle frontiere”, aggiunge il giornalista ed esperto di politiche migratorie Gianluca Veneziani. “Su questa strategia – ha continuato Veneziani parlando con ilGiornale.it – è possibile sollevare due obiezioni: la prima è che non tutti i migranti vengono tracciati, visto che buona parte degli sbarchi sono autonomi e molte persone che arrivano nel nostro Paese poi finiscono nel nulla.
In secondo luogo, le navi per la quarantena potrebbero rappresentare un cosiddetto 'pull factor', ossia un fattore di attrazione per chi vuole salpare dalle coste nordafricane”. Su come si svilupperà la vicenda nei prossimi mesi, il giornalista non ha dubbi: “Se le politiche del governo non cambieranno, l'Italia intera potrebbe diventare essa stessa una grande nave per la quarantena”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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