La conclusione di un processo che appariva interminabile arriva a ridosso di Natale, e regala un Natale amaro a Roberto Formigoni, per quasi vent'anni presidente della Regione Lombardia. Accogliendo quasi in pieno le richieste della Procura, il tribunale di Milano condanna a sei anni di carcere l'ex governatore della regione più ricca d'Italia. Per i giudici Formigoni è colpevole di avere sistematicamente favorito le due aziende leader della sanità privata lombarda, il San Raffaele e la Fondazione Maugeri, incassando in cambio vantaggi e favori di ogni genere. Il tribunale ha dichiarato Formigoni colpevole di corruzione ma non di associazione a delinquere, come chiedeva la procura che per lui aveva proposto nove anni di carcere.
Formigoni si è sempre protestato innocente, rivendicando con orgoglio di avere messo a disposizione dei cittadini lombardi un sistema sanitario, basato tanto sugli ospedali pubblici che sui privati convenzionati, invidiato da tutto il paese. Ha sempre sostenuto l'assenza di delibere a favore di San Raffaele e Maugeri, spiegando che tutte le decisioni assunte dalla Regione avevano valore per tutte le aziende del settore; e ha spiegato i sontuosi viaggi e gli altri altri benefit come semplici frutti della amicizia con il lobbista Pierangelo Daccò e l'ex assessore alla Sanità Anttonio Simone, entrambi provenienti come lui dal mondo di Comunione e Liberazione.
Ma la Procura nella sua requisitoria, fatta propria stamattina dal tribunale penale, aveva letto la triade in modo radicalmente opposto: per i pm, Formigoni, Daccò e Simone formavano la cupola di una organizzazione criminale che avrebbe causato un "danno enorme" alla sanità pubblica, succhiando risorse regionali per oltre settanta milioni di euro e depredando le stesse aziende, il San Raffaele e la Maugeri, favorite dalle delibere. "Un cancro", così il pm Pedio ha definito il "sistema Daccò" che per dieci anni, dal 1997 al 2011, avrebbe regnato in Lombardia.
Insieme a Formigoni vengono condannati anche Daccò e Simone.
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