Cave Mont Blanc, il vino estremo. Un lusso d’alta montagna ora in edizione limitata.

Sono le bollicine più alte ed estreme d’Europa. Un lusso d’alta montagna ora in edizione limitata

Cave Mont Blanc, il vino estremo. Un lusso d’alta montagna ora in edizione limitata.

Sono le bollicine più alte ed estreme d’Europa. Nate sotto i ghiacci - e il beneplacito - del massiccio del Monte Bianco. Le contrassegna il numero 100: sono al 100% uva Prié blanc, si producono non più di 100 bottiglie Magnum. Stiamo parlando dello spumante Cuvée des Guides, il top della cantina Cave Mont Blanc. Proprio in questi giorni è stata lanciata un’edizione limitata di 30 bottiglie in un cofanetto di design curato da Arnaldo Tranti, gotha della grafica valdostana, artefice della nuova identità visiva della Cave Mont BLanc, consulente immagine della Ferrero, Bic, ideatore del logo delle Dolomiti Patrimonio dell’Umanità. Astuccio in pelle, confezionato da artigiani fiorentini, bottiglia magnum che compare in compagnia di una piccozza forgiata nelle fonderie valdostane e rifinita da artigiani del legno locali. La piccozza è un ideale omaggio alle guide del Monte Bianco, utile, poi, per sciabolare il vino. O meglio: piccozzare.

I vini della Cave Mont Blanc sono l’esito di uve da record. I vigneti si arrampicano , di terrazzo in terrazzo, toccando i 1200 metri di quota, laddove finisce la Val d’Aosta, nei comuni di Morgex e La Salle, a 10 chilometri da Courmayeur. Vigneti? Qualcosa di più. Quei filari di vigna, muri a secco, pergolati sorretti da palature in pietre monolitiche sono architetture botaniche incastonate nella roccia. Che veglia, protegge e imprime il suo sigillo: anche commerciale. Il marchio Cave Mont Blanc offre una visibilità con pochi pari. E’ una vera e propria impresa il processo di lavorazione della Cuvée des Guides. Praticamente un rito. Tirage, degorgement, tutto si svolge al rifuggo Monzino, a 2590 metri di quota, dove temperature rigide e diminuzione di pressione atmosferica contribuiscono al particolare perlage, mineralità e sapidità. Le cisterne di vino raggiungono la cantina via elicottero, mentre i lieviti sono trasportati da guide alpine (2 ore e mezza di cammino) così da evitare sbalzi di pressione che potrebbero compromettere l’esito della vinificazione. I seracchi del ghiacciaio del Bruillard, che lambisce il rifugio Monzino, ospitano i magnum capovolti, affinché i sedimenti possano congelare ed essere espulsi successivamente.

Da due mesi, esposizione con cantina e laboratorio della Cave Mont Blanc hanno traslocato nel Pavillon du Mont Fréty, nella stazione intermedia di Skyway, la nuova funivia del Monte Bianco che collega Courmayeur a Chamonix, attiva dallo scorso giugno. Il quartier generale del marchio rimane a Morgex, ora s’aggiunge la cantina-laboratorio della funivia che dunque va a sostituire quella del Monzino.

La Cuvée des Guides è la punta di una cantina con quattro etichette di vini bianchi e sei spumanti prodotti unicamente con il vitigno autoctono, Prié Blanc. In queste settimane si è aggiunta una medaglia al valore: il numero uno dei critici di vino, Antonio Galloni, nel recensire il marchio valdostano ha parlato di “vini bianchi fra i più significativi d’Italia” . Vini estremi, da parete e pure valanghe come ricorda lo spumante Avalanche. Eppure quelle della Val d’Aosta sono terre vocate per il vino se - come ricorda l’enologo Nicola Del Negro - “a fine Ottocento, gli ettari vitati erano 4000 contro i 463 di oggi”. Poi l’abbandono, e in tempi più recenti una ripresa d’interesse una regione che produce lo 0,1% del vino italiano. La Cave Mont Blanc, per esempio, è nata nel 1983 coinvolgendo 80 famiglie e i rispettivi appezzamenti secondo la formula della cooperativa. La naturale predisposizione del territorio è confermata da “uve pulite e naturali che necessitano di pochi trattamenti” spiega il presidente Mauro Jaccod. “Le condizioni di temperatura e di secchezza dell’aria rendono eccezionalmente poco temibili le malattie crittogamiche, con necessità di trattamenti notevolmente ridotti rispetto ad altre aree vitivinicole. Persino la fillossera, il tremendo insetto che, proveniente dalle Americhe, ha distrutto sul finire del secolo scorso gran parte dei vigneti d’Europa, non ha potuto resistere all’altitudine.

Ancora oggi, infatti, mentre in tutta Europa si è costretti ad impiegare viti europee innestate sul “ piede ” americano, che è abituato a sopportare l’insetto per via di una multimillenaria convivenza, da noi si impiantano ancora le viti originarie, senza ricorrere all’innesto”.

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