Che dramma il menù per le "signore"

A ridosso del week end, nel centro di Milano si è consumato un dramma: all'ospite di un calciatore di serie A è stato consegnato un menù senza "prezzi", e l'occasione si è fatta ghiotta per rispolverare il tema sessismo e far correre alla barricate gli chef stellati

Che dramma il menù per le "signore"

"Scegli quello che ti pare!", il dito passa in rassegna la colonna dei prezzi che stabiliscono, da che mondo è mondo, il valore d'ogni prelibata pietanza al ristorante. Scorre, scorre, giù per il menù, fino in fondo; e l'unghia acuminata si ferma. Ha scelto. "Questo, è buono, 55mila lire". Forse ricorderete questa magnifica sequenza cinematografica, dove il barbone Barabba ordina alla cieca "Pommesaux amandes scandinaves" (mele alle mandorle scandinave, ndr), in un lussuoso ristorante dalle classiche quattro forchette sulla guida Michelin. Mi è tornata alla mente ieri mentre leggevo il giornale, quando mi sono imbattuto nell'invettiva contro il "blind menù" lanciata da una di quelle che, per onorare il più apprezzato dei cliché italiani dopo la pizza, il mandolino e il Rinascimento forse, se ne stava a cena con il suo compagno: stranamente un calciatore di Serie A e non un ricercatore del Cern.

Secondo quanto riporta la stampa - ne scrive anche il The Times, non soltanto il Vernacoliere - la signorina, Agustina Landolfo, avrebbe tacciato l'Italia di sessismo perché in un esclusivo locale del centro di Milano, qualche antiquato, testardo, medievale patriarca le avrebbe porto quel tipo di menù che "oscura" il prezzo delle pietanze all'ospite in virtù di antiquate e ormai aggiungerei anche vituperate consuetudini dettate dal galateo. Un piccolo dramma consumatosi tra flûte di champagne e piatti quadri con cascate di cardamomo, o sale rosa dell'Himalaya o riduzione di pistacchio di Bronte al profumo di foca e bisque di coccia di ostriche; insomma le classiche diavolerie che quando stai leggendo il menù di uno stellato o wannabe stellato ti fanno sentire più Angela Lansbury in "Pomi d'ottone e manici di scopa", di uno che è uscito per mangiarsi un boccone con la fidanzata.

Si è dichiarata estremamente indignata, lady Lautaro, recriminando il suo diritto, sacrosanto, anche forse di tanto in tanto auspicato, di voler conoscere il prezzo delle pietanze che si apprestava ad ordinare nella cena romantica. Conoscere il prezzo fissato all'etto o al grammo, si fosse trattato di carne di kobe - ossia quella proveniente dai pregiati bovini massaggiati in Giappone che aveva mandato nel pallone quel macellaio intervistato nel Chianti -, o di astice azzurro o di tartufo bianco di Alba. Anche se non è annata, dicono gli esperti.

"La cosa peggiore è che molti italiani giustificano questo fatto dicendo che succede solo nei ristoranti di un certo livello. E quindi le donne non possono pagare se si tratta di una cena più costosa?", ha poi chiosato la moglie dell'attaccante dell'Inter in una storia caricata su Instagram, un buon megafono sempre a portata di mano nell'era del piagnisteo così ben raccontata da Robert Hughes nel suo saggio. Proseguendo implacabile: "E se avessi voluto pagare io? Sono indignata". Appellandosi al diritto di una donna, nella spessa remota evenienza ch'ella volesse, di poter pagare il conto al suo cavaliere, in questo caso ospite. Ecco una persona pragmatica - insomma noi gente semplice - si sarebbe limitata a sorridere al personale del blasonato ristorante e, proprio avesse voluto fare un po' di teatro, avrebbe sottolineato che era lei l'ospite e lui, l'altro, l'ospitato; e che dunque prima dell'atroce lettura da parte dei di lui occhi degli importi di ettature e grammatura da inforcare assieme alle linguine, i menù andavano "sostituiti".

Oppure avrebbe potuto dire teneramente al suo lui, o alla sua lei, o chi che fosse, "Car* stasera pago io". Ma quel che diverte è la presenza puntuale e solenne di quel "Se", nelle invettive e nelle denunzie feroci lanciate da certi personaggi del jet set. "Se avessi voluto dire", "Se avessi voluto fare", "Se io avessi voluto "pagare", "Se mia nonna avesse avuto le ruote sai che carrozza", direbbe l'uomo della strada che questi problemi non se li pone. E forse su Instagram, se s'indigna, gli tocca farlo per altro. Ma troppa morale poi. Troppa.

Fermiamoci quindi al punto in cui la cavalleria, la galanteria, sono tra le poche cose che restano a noi uomini di una volta. Che rispettiamo le donne e l'ospitalità di ogni genere e che, per questo, non vogliamo essere neanche rispettati, ma almeno consolati. Che leggere queste notizie ci duole. Tanto. E non perché non divideremmo il conto "alla romana". E non perché pensiamo di essere in dovere di pagarlo intero, alla cieca, perché magari portiamo noi i soldi a casa. Nient'affatto. Vorremmo essere consolati per tutte quelle signore che abbiamo invitato a cena per fare i galanti, che non si sono mai ribellate al sistema come l'audace intrepida Agustina. Noi soli, pochi, noi banda di fratelli. Ricordo per esempio di un anno, frequentavo la nipote di un grande industriale, e in una stagione che per il tartufo invece era stata buona, ella non sborsò mai il becco di un quattrino.

Nemmeno un importo sufficiente ad acquistare una mela e tre mandorle...al mercato. Per questo, e per altri milioni di casi nel mondo, così atroci, porrei ad Augustina il grande quesito aristotelico: secondo lei, è nato primo l'uovo o la gallina?

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