Chi rema contro il vento a favore

Si naviga con il vento a favore e non accadeva da troppo tempo. L'Italia non è ancora fuori dalla crisi e il virus rende incerto l'orizzonte, però i numeri sono buoni

Chi rema contro il vento a favore

Si naviga con il vento a favore e non accadeva da troppo tempo. L'Italia non è ancora fuori dalla crisi e il virus rende incerto l'orizzonte, però i numeri sono buoni. Ora anche l'Europa certifica che la crescita del Pil quest'anno sarà del cinque per cento. Paolo Gentiloni parla di «boom economico». Il prossimo anno torneremo ai livelli del 2019. Altri lo faranno prima, ma l'importante è assorbire la pandemia. Tutto questo avviene quando i soldi del Recovery non sono ancora stati spesi. Non è un peccato tirare un piccolo sospiro di sollievo. Resta, e non può che essere così, la preoccupazione per la fine del blocco dei licenziamenti, per le vite individuali a sguardo d'uomo, per chi perde il lavoro. Non è cosa da poco, perché se ti mandano a casa non guardi il Pil. Non ti consola. È di questo che il governo sta parlando in questi giorni con i sindacati. È il grande tema della riforma del welfare: come sostenere chi cade e come aiutarlo a rientrare in gioco.

Il buon vento non è però una variabile da poco. È importante aprire il paracadute, ma il modo migliore per difendere il lavoro è proprio la crescita economica. È banale, ma spesso ce lo dimentichiamo. Se c'è davvero la ripresa, se il «boom» non sarà un'illusione, allora tutto il resto diventa più facile. Tornare a fare impresa è la strada più dritta per lasciarsi alle spalle la disperazione. Disperazione proprio nel senso di senza speranza. Non crederci più. Rassegnarsi. Questo è invece il momento di scommettere sul futuro. Fidarsi del vento. Assecondarlo. Fidarsi delle imprese. Togliere i vincoli. Dare credito, in tutti i sensi, a chi ha voglia di intraprendere, rischiare, lavorare, muoversi per costruire qualcosa. Lo Stato, come il sindacato, deve superare la storica diffidenza. Ti metto le catene così non puoi peccare. Ecco, è il paradosso italiano. Siamo tutti colpevoli e se poi uno lo è davvero non è detto che paghi. La ripresa passa da questo cambio di prospettiva.

L'autunno da questo punto di vista ci dirà parecchie cose. Draghi entro novembre dovrà far partire i bandi per mettere a terra le risorse europee. È la base per far partire i lavori. C'è poi una scommessa: convincere i gruppi stranieri a investire in Italia. Abbiamo bisogno di capitali.

Non basta chiederlo, bisogna creare le condizioni. Serve un ambiente sociale, politico ed economico solido e senza troppe incognite. È fondamentale la riforma della giustizia. Draghi non può permettersi nella sua maggioranza partiti che remano controvento.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica