È un triste fatto che molti spiriti semplici (e purtroppo anche tanti che semplici non sono) siano tentati dalla scorciatoia dell'Uomo Forte che risolve ogni problema: un'illusione basata sull'errore grave di voler cercare proprio presso chi ci odia modelli alternativi a quello democratico di casa nostra. Ma costoro farebbero bene a dare un'occhiata a quanto sta accadendo, qui e ora, a quei popoli che dipendono dalla volontà e dai capricci di uno solo.
La cronaca impone di partire dalla Cina, dove l'insofferenza degli abitanti delle grandi metropoli per i continui e draconiani lockdown imposti per contenere il Covid sta appiccando incendi imprevisti. In un Paese in cui per finire in galera basta anche solo alludere a una critica all'eterno potere assoluto del partito comunista, migliaia di persone osano scendere nelle strade per chiedere addirittura le dimissioni del presidente Xi Jinping. All'inizio si sarebbero accontentati di allentamenti delle soffocanti misure di sicurezza, ora chissà: è certo che per il regime suona un allarme è il caso di dirlo rosso e che il sangue potrebbe scorrere a fiumi come a Tienanmen nell'89.
In Russia, nove mesi di guerra mal concepita e peggio condotta all'Ucraina stanno producendo, oltre a centomila tra morti e mutilati, guai inattesi per l'autocrazia di Vladimir Putin. Come in Cina, anche qui mancano un'opinione pubblica informata e un'opposizione organizzata, ma la testa del dittatore potrebbe rotolare a causa del malcontento crescente nel suo stesso giro di potere, che sta perdendo i suoi lussuosi privilegi. Nella vassalla Bielorussia, l'assimilazione alla Russia che Putin ha in animo per l'Ucraina (e non solo) è già avvenuta senza colpo ferire, e la recentissima «morte misteriosa» del ministro degli Esteri Makei pare un sinistro avviso al dittatore Lukashenko: porta in guerra il tuo popolo riottoso o finirai come lui.
Nell'Iran da quarant'anni in mano al fanatico oscurantismo sciita, alleato di Cina e Russia, la pazienza delle giovani generazioni sta finendo: come gli ucraini, preferiscono la morte combattendo alla servitù a un potere corrottissimo e violento, sicché l'ayatollah Khamenei rischia di fare la fine dello Scià Reza Pahlevi, fuggito all'estero nel 1979 per scampare alla rabbia popolare.
E poi c'è Cuba, feticcio impoverito e senza libertà di generazioni di sessantottini: nessuno ne parla, ma vi è in corso da mesi una rivolta continua a bassa intensità, con proteste di piazza represse a bastonate e fughe di massa via mare verso la Florida. Il dittatore Diaz-Canel, erede dei fratelli Castro, dipende dalle elargizioni di indovinate chi? Putin e Xi Jinping. Il cerchio si chiude: è qui che conduce la famosa scorciatoia.
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