Sticker nazisti e video di torture nelle chat dei bimbi di 10 anni: è allarme

Il fenomeno è in preoccupante crescita, come segnalato dagli uomini della Polizia postale

Sticker nazisti e video di torture nelle chat dei bimbi di 10 anni: è allarme

Meme e sticker inneggianti al fascismo o al nazismo, immagini terribili di vittime di guerra, di violenze sessuali su minori o di torture inflitte agli animali: questi solo alcuni dei contenuti che, stando a quanto segnalato con preoccupazione crescente dalla polizia postale di Roma, circolano nelle chat di bambini di età compresa tra i 10 e i 13 anni. Il mezzo di diffusione è lo smartphone, nelle mani dei piccoli fin da tenera età: è abbastanza semplice, poi, la circolazione tramite i principali canali di comunicazione utilizzati abitualmente dai giovani, quali WhatsApp, Instagram o Telegram. Come riferito da Repubblica, gli uomini della polizia postale dichiarano di ricevere almeno due denunce al mese per situazioni del genere.

Le segnalazioni

Foto e filmati vengono caricati e condivisi con gli amici, spesso anche con l'apposizione di scritte ingiuriose o di scherno. Ragazzini troppo piccoli o comunque immaturi per comprendere la reale portata di quelle scioccanti immagini, ma non per possedere smartphone o utilizzare i principali social network. "Per loro quello è tutto un gioco, una sfida", spiega a Repubblica un investigatore,"non comprendono quale sia il confine tra lo scherzo e il reato".

Oramai le scrivanie degli uffici della procura per i minorenni, quelli della Postale e del Centro nazionale per il contrasto alla pedofilia online, sono affollate di denunce del genere. Uno dei fascicoli più corposi è quello relativo a un'inchiesta avviata a Pescara lo scorso anno per far luce su 5 chat in cui confluivano almeno 700 minorenni. Due dei sette che risultano indagati sono 14enni romani. Alla scoperta del coinvolgimento dei propri figli in situazioni così torbide, lo choc dei genitori è in genere forte.

"Rimanete accanto ai vostri figli", consiglia caldamente uno degli inquirenti, sottolineando il fatto che spesso e volentieri sia proprio la mancanza di una forte guida dall'alto a determinare tali derive. "Lo consigliamo quotidianamente ai genitori, controllateli. Si tratta spesso della chat della classe, che poi si allarga ad altri componenti. O, al contrario, della classe che si sposta su chat realizzate per scambiarsi gli sticker", aggiunge l'investigatore.

Anche se il numero di due denunce al mese può sembrare poco rilevante, in realtà in ciascuna di esse restano coinvolti una cinquantina di ragazzini. In genere le prime segnalazioni arrivano da scuola, poi si passa alla denuncia alla polizia e infine all'apertura di un fascicolo in procura. "Si tratta di bambini non imputabili. Ma le indagini vanno avanti per scovare se ci sono gli adulti dietro quel frenetico scambio di messaggi", raccontano ancora dalla Postale.

Il fenomeno della diffusione dcegli sticker e dei meme prevale fino alla fascia dei 13enni, poi si sale di livello fino ad arrivare ai filmati autoprodotti: in questo caso si arriva fino a 10 denunce al mese, specie per il fenomeno del cosiddetto "sexting" (invio

online di video/foto intime). Da lì alla minaccia di rendere pubbliche certe immagini hard (si pensi alla "sextorsion" o al "revenge porn"), il passo è breve e comporta conseguenze anche psicologiche ancora più profonde.

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