La morte di Dj Fabo e quella di Gianni Trez, il pensionato veneto di 65 anni che ieri si è spento grazie al suicidio assstito in Svizzera, hanno riportato al centro del dibattito pubblico il tema dell'eutanasia.
L'entrata in aula della legge sul biotestamento, però, è stata rinviata per l'ennesima volta. L'inizio dei lavori alla Camera, infatti, era atteso prima a fine gennaio, poi il 20 febbraio, dopo il 27 febbraio e alla fine è stato spostato ulteriormente ai primi di marzo. Di questo tema tutti ne parlano e oggi Repubblica pubblica la storia di Daniela Cesarini, l'ex assessore di Jesi e morta nel 2013 a 66 anni tramite il suicidio assistito in una clinica di Basilea (Svizzera).
Daniela il 25 aprile 2013 annunciava con un messaggio il suo suicidio assistito: "Ognuno vada dove vuole andare. Ognuno invecchi come gli pare, ma non raccontare a me cos'è la libertà". Questa citazione di Francesco Guccini l'aveva ricevuta un'amica di Daniela. Ma oggi i cugini della donna sono convinti che lei voleva morire, ma "sappiamo che le stesse leggi della Svizzera non sono state rispettate: è stato scritto che Daniela era malata terminale e non è vero".
Le accuse dei cugini di Daniela sono chiare. Secondo loro, la donna era convinta di voler porre fine alla sua vita, ma non era malata terminale, questa malattia è stata inventata per guadagnare quei 10 mila euro che la clinica chiede ai pazienti che decidono di morire. "Se ti presenti in queste cliniche o pseudo cliniche con 10 mila euro, è difficile che ti dicano di no - spiegano i cugini a Repubblica -. È chiaro: stiamo parlando di persone disperate, ma esiste anche un business della disperazione".
Nel 2013, la morte di Daniela Cesarini aveva commosso tutti perché la donna aveva avuto una vita piuttosto difficile. Da quando aveva un anno era costretta a stare su una sedia a rotelle, ma questo non le aveva impedito di sposarsi e avere un figlio. "Poi le è arrivato addosso tutto - spiegano i cugini -. La morte del marito e il suicidio del padre. Daniela voleva farla finita e purtroppo ha trovato sulla sua strada persone che si atteggiano a Santa Teresa di Calcutta e che sono invece attente al denaro. Il 2 maggio 2013 abbiamo ricevuto una lettera dalla dottoressa Erika Preisig nella quale ha scritto che la nostra Daniela ha chiesto e ottenuto di morire e che ci invierà l'urna con le ceneri. Noi cerchiamo la dottoressa, ma non la troviamo. Partiamo per Basilea anche perché non vogliamo che l'urna viaggi come un paco postale".
I cugini spiegano che arrivati in Svizzera sono riusciti a trovare la dottoressa che "ci racconta che Daniela era una malata terminale e pertanto la sua richiesta di farla finita era stata accettata". I cugini aggiungono che Daniela non aveva presentato certificati medici o analisi, ma "medicine che provavano gravissime malattie". I familiari di Daniela continuano la loro ricostruzione e dopo aver confessato di aver visto il filmato della morte della loro zia, dicono che il medico curante della Cesarini ha rivelato che lei non aveva nessuna patologia grave.
I cugini nella loro storia descrivono anche le ultime ore di vita di Daniela, dell'incontro con il fratello della dottoressa, della cena consumata la sera prima di morire e di quei 10 mila euro guadagnati dalla clinica per porre fine alle sofferenze della donna. "Siamo sicuri che Daniela volesse morire - concludono -. Ma ha trovato chi ha fatto di tutto per passare poi all'incasso. Quando siamo andati a Basilea la dottoressa ci aveva anche rivelato che un uomo prima di Daniela aveva trovato la morte nella sua clinica.
Ci parlò di una malattia terminale, ma l'autopsia ordinata dalla famiglia dimostrò che non era vero nulla".I cugini di Daniela, quindi, sospettano che la malattia della loro zia sia stata inventata per poter incassare quei maledetti 10 mila euro.
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