Daniele, tetraplegico da ventitré anni. I genitori chiedono aiuto

Daniele, quarantenne, tetraplegico da ventritré anni a causa di un tuffo a mare. Vive a Sava (Taranto) in un letto senza assistenza domiciliare. I genitori chiedono aiuto alle istituzioni. Il sindaco risponde "Daniele ha diritto all'assistenza"

Daniele, tetraplegico da ventitré anni. I genitori chiedono aiuto

Una casa al pianterreno di un piccolo paese del Sud, con l'intonaco bianco e una stretta porta d’ingresso. La quiete di certe viuzze narrate da poeti e scrittori innamorati di un Mezzogiorno crepuscolare. 
In una stanza di quella casa giace Daniele, tetraplegico da ormai ventitrè anni. La famiglia chiede aiuto e punta l'indice contro il Comune che si difende. “Ogni mattina gli apro gli occhi” dice la madre con la voce rotta dal pianto “ed è una condanna”. Lei che quarant’anni fa ha dato alla luce con gioia un figlio ora immobile per colpa di un tuffo in acqua, quel maledetto 25 luglio 1993. Dietro il letto, appesi alla parete, la Madonna, San Pio e il crocifisso. Segno di fede e di speranza, ma Daniele è lì, fermo, e un dolore ormai antico scava le sue tracce silenti sul volto di un ragazzo diventato uomo.
 “Chiedo assistenza domiciliare” continua l’anziana donna, “quella a cui abbiamo diritto”. Fino ad ora, questo tipo di aiuto è stato dato solo per dieci mesi: quattro nel 2004 e sei nel 2014. 
Il tuffo, quel tuffo, gli fece battere violentemente la testa sul fondo, provocandogli lesioni al midollo. Fu subito trasportato all’ospedale “S.S. Annunziata” di Taranto e, dopo pochi giorni, all’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce dove fu sottoposto a un delicatissimo intervento chirurgico. Poi è iniziato il calvario da Taranto a Montecatone (Imola). L’ingresso nel centro specializzato, la speranza di tornare a camminare.

Lo scorso 23 luglio, Daniele entra in coma e viene ricoverato, ancora una volta, per venti giorni nel reparto di rianimazione dell’ospedale “Giannuzzi” di Manduria (Taranto). Dopo il ricovero c’è la necessità di una consulenza neurologica domiciliare. Nulla da fare. La mancanza di uno specialista a Manduria ha impedito che Daniele disponesse dell’assistenza necessaria. “Ci hanno detto che era una questione di assicurazione” continua la donna “lo specialista non era coperto dalla polizza Asl”. Una questione complessa quella di Daniele che va indietro negli anni. Secondo i racconti della famiglia, nel 2004 la sua famiglia non ha più avuto i contributi di cui aveva diritto. Sono arrivati nel 2014, erogati dalla Regione Puglia al Comune di Sava per un contratto di assistenza domiciliare per sei mesi. “La risposta del Comune è stata o questo o niente” ha denunciato la mamma. Si sono, quindi, sentiti costretti a firmare il contratto per sei mesi. L'accordo riguardava una cooperativa di Lizzano (Ta). 
Ad oggi Daniele non ha assistenza e il Comune ci ha spiegato le sue ragioni. Il sindaco di Sava, Dario Iaia, ha detto al Giornale.it che la famiglia, ha diritto all’assistenza domiciliare gratuita presentando i dati Isee di Daniele che non superano i quindici mila euro. La situazione prospettata sembra molto semplice: presentare la documentazione richiesta all’assistente sociale di riferimento ed avere l’aiuto quotidiano da parte di professionisti del settore.

Insomma Daniele non è stato abbandonato perché il Comune Sava, infatti, “assicura i servizi di aiuto alla persona nello svolgimento delle normali attività quotidiane, di sostegno alla mobilità personale, di accompagnamento per persone anziane e parzialmente non autosufficienti”. La storia di Daniele è tutta qui. Guai a ridurla a uno scontro tra famiglia e Comune, tra bisogno e burocrazia.

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