C'è chi della sceneggiata napoletana sul Covid non ne può più. Anche nella maggioranza di governo. Il numero due dei 5 stelle al Senato, Andrea Cioffi, campano di Salerno, davanti alla buvette del Senato è un fiume in piena. Ha un nervo per capello per l'atteggiamento del governatore-sceriffo della sua regione. «De Luca è matto come un cavallo - si inalbera - a Napoli e a Caserta siamo nei guai veri, nelle altre province no. E lui non vuole assumersi la responsabilità di chiudere le due province. Vuole che sia il governo ad imporre il lockdown a tutta la Regione o all'Italia intera, per mettergli sul conto una decisione impopolare. Sono 25 anni che questo personaggio fa i suoi comodi: c'ha le corna!». Due passi alla Camera e trovi un altro grillino salernitano, Angelo Tofalo, incline allo sfogo. Il lessico è più istituzionale visto che è sottosegretario alla Difesa, ma la sostanza non cambia. «De Luca insorge su questa storia si farà male. Per paura delle rivolte sociali sta fermo, aspetta il governo, solo che qui rischiamo il dramma!».
La baraonda delle Regioni gialle, arancioni e rosse, ieri è sfociata nel caos. Prima si pensava che Emilia-Romagna, Veneto, Friuli e Campania avrebbero cambiato colore. Poi per le prime tre sono state smentite nuove ordinanze del governo. Magari saranno i governatori che autonomamente introdurranno, forse oggi, di fronte al peggiorare della situazione nuove restrizioni. La Campania, invece, è rimasta appesa sull'albero, pomo della discordia tra un premier indeciso che non vuole guai sulle strade, talmente preoccupato per la situazione che ieri era assente al vertice europeo sul terrorismo convocato da Macron in videoconferenza (assenza che ha lasciato allibiti gli ambienti diplomatici della Farnesina: «Sicuramente non c'era, ma se era invitato e non è andato, è matto»); un ministro della Sanità arrabbiato come non mai, ma, per alcuni versi, impotente; e un governatore attento a chiedere misure forti ma con la firma di altri per non diventare impopolare. Per cui per tutta la giornata di ieri la Campania, che fin dall'inizio ha avuto per molti un colore sbagliato (giallo), è stata sul punto di cambiarlo (arancione o addirittura rosso). Poi la decisione, però, è rimasta sospesa. Si è preso tempo. Probabilmente nel modo peggiore, perché siamo passati dal commissario della Sanità calabrese, l'ex generale dei carabinieri Cotticelli, «licenziato» per una performance in cui sembrava parole sue un «drogato»; a chi, invece, (ma per ora sono accuse senza un volto) ha drogato i numeri dei parametri da cui dipende il lockdown in Campania, con tanto di missione («impossible») in loco dei tecnici del ministero della Sanità per una verifica dei dati. Dati che, veri o falsi, già ora di per sé sono tragici, visto che ieri segnalavano una percentuale del 19% di positivi nei tamponi.
Roba da non credere. La verità è che siamo in uno stato confusionale che il governo stenta a governare, se si pensa che addirittura il presidente di un organo serio come l'ufficio parlamentare del Bilancio, Giuseppe Pisauro, ha ammesso che è difficile reperire informazioni sullo stato dei servizi sanitari regionali nel periodo della pandemia. E la Campania, purtroppo, è diventata l'immagine e - il potenziale capro espiatorio - del «caos». I dati sulla pandemia che si susseguono sembrano seguire da quelle parti la logica del gioco delle tre carte: risultati sui tamponi che scompaiono; e posti letto in ospedale o in terapia intensiva che appaiono dal nulla perché sono solo sulla carta. Intanto i sindaci del Casertano, terrorizzati per l'evolvere della situazione, chiedono l'invio dell'esercito. Sembra la Lombardia di sei mesi fa. Spiega Luigi Casciello, deputato forzista campano: «Ora De Luca pretende che Speranza certifichi i suoi dati. Ma come fa il ministro se non sono veri?! Al governatore interessa solo prendere tempo, pensando che fra 15 giorni ci sarà il lockdown nazionale che lo toglierà dall'imbarazzo. Ma intanto da noi si consumerà la tragedia». Una premessa che introduce un'esperienza personale: «Mia moglie racconta Cascello è segretaria al Comune di Tufino e lì si sono accorti che un impiegato mancava da settimane. Rapida indagine e hanno scoperto che era ricoverato per Covid all'ospedale Cotugno di Napoli. Era il 18 settembre e il sindaco ha sanificato tutti gli uffici. Il 23 dall'Asl gli comunicano che hanno un contagiato al Comune. Chiedono il nome, privacy o non privacy, e scoprono che si trattava di un altro impiegato. Alla fine sono morti entrambi. Ma che devi fare? A Napoli siamo tornati a è cosa 'e niente, la commedia di Eduardo de Filippo».
Appunto, «è cosa 'e niente». Ma questa filosofia se va bene alle pendici del Vesuvio, mette in imbarazzo chi vive sotto la basilica di Superga o all'ombra della Madonnina. «Cirio governatore del Piemonte confida Paolo Zangrillo, numero uno forzista in quella regione e fratello di Paolo, medico di fiducia del Cav è incazzato nero. Lui era stato il primo a chiedere la chiusura, ma cosa può dire ai negozianti di Torino se a Napoli, che stanno peggio di noi, è tutto aperto?! La verità è che da quelle parti sono scesi in piazza con le pistole e il governo si è messo paura. Per cui chi si comporta male, al solito, è premiato». Un rischio che anche il piddino Matteo Orfini non si nasconde. «Non possiamo dare questa impressione. Dobbiamo chiudere dove è necessario. Anche in Campania. Altrimenti ripetiamo gli errori della prima ondata, in cui ci siamo ritrovati nei guai per aver chiuso con una settimana di ritardo».
E già, è fatale che la memoria torni all'indecisione di quei giorni, a quell'esperienza tragica, perché con questo virus ci vogliono 48 ore per trasformare Caserta in un'altra Bergamo. O peggio, visto che la Campania come sistema sanitario non è la Lombardia. Torniamo alle parole chiave che descrivono i limiti del governo: «indecisione» e «impreparazione». Limiti che pesano anche sul domani: si parla di vaccino a fine anno e si tira un sospiro di sollievo, ma una campagna di vaccinazione nazionale va pianificata; bisogna avere, ad esempio, macchinari capaci di conservare un medicinale sensibile ad 80° gradi sotto zero. «Per cui ci vogliono risorse rimarca Orfini -: qui si parla ancora di dibattito parlamentare sul Mes quando è arrivato il momento di chiederlo».
Bisogna prevedere, pianificare se non si vuole rischiare il patatrac. E invece. «Qui - confidava l'altro giorno il sottosegretario grillino Gianluca Castaldi se non mettiamo in sicurezza il Natale, l'economia del Natale, sono cavoli amari, restiamo senza risorse e sono guai seri».
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