I grillini a quanto pare hanno una idiosincrasia per la Difesa, in particolare per gli F-35, e in tempo di coronavirus riprovano a bloccarli: un gruppo di 50 senatori pentastellati ha presentato un'interrogazione al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, dove si chiede una moratoria di un anno al programma di acquisto per i cacciabombardieri di quinta generazione F-35, in modo da destinare le risorse finanziarie, pari a circa un miliardo di euro, alla sanità militare. La richiesta però non si limita a questo: come riporta La Stampa il senatore Gianluca Ferrara, capogruppo in commissione Esteri e primo firmatario dell' interrogazione, ha affermato che "vorremmo anche valutare l'opportunità di rinegoziare e ridimensionare questo programma".
A quanto pare i ministri del Movimento ne erano all'oscuro così come gli esponenti del Pd, che infatti rispediscono il tentativo al mittente molto seccamente. Alessandro Alfieri, personalità vicina al ministro Lorenzo Guerini, ha affermato sempre al quotidiano torinese che "tutte le decisioni delicate come quelle che riguardano impegni assunti a livello internazionale vanno discusse all' interno della maggioranza e non attraverso iniziative unilaterali. Ci sono degli obblighi assunti a livello internazionale e con delle penali. Cose che abbiamo già discusso più volte. E poi in questa fase si sta già spendendo meno per le missioni internazionali, perché i contingenti sono stati diminuiti e ridislocati. Ci saranno risparmi importanti da poter stornare su esigenze di sostegno ai soggetti più fragili della nostra società".
Insomma i grillini ritornano alla carica per cercare di tenere fede al loro programma originale, sobillati anche dal "ritorno di fiamma" di Alessandro Di Battista che, proprio di recente, si era nuovamente scagliato contro la decisione di stanziare fondi per gli F-35 accusando poi di tagliare i fondi alla sanità pubblica in favore di quella privata, in particolare decurtando i posti letto.
Del resto anche quando il Movimento Cinque Stelle annoverava un proprio esponente al dicastero della Difesa, l'agenda politica, pur essendo stata smussata nei suoi angoli più vivi da campagna elettorale, ha dimostrato un rapporto difficile con il mondo delle Forze Armate ed in particolare con il programma dell'F-35. Nell'ottobre del 2018, a pochi mesi dalle elezioni, il Consiglio dei Ministri aveva predisposto la "Riduzione delle spese militari – Si prevede una riduzione delle spese militari pari ai fondi necessari per la riforma dei Centri per l’impiego" come si poteva leggere al quattordicesimo punto del comunicato stampa rilasciato da Palazzo Chigi.
Andando più nello specifico, la stessa Elisabetta Trenta, allora a capo di Palazzo Baracchini, a luglio dello stesso anno si era dimostrata scettica in merito al programma. "Siamo infatti sempre stati critici del programma – aveva fatto sapere il ministro – nessuno lo nasconde, proprio per questo non compreremo nuovi caccia e, alla luce dei contratti in essere già siglati dal precedente esecutivo, stiamo portando avanti un’attenta valutazione che tenga esclusivamente conto dell’interesse nazionale". Eventualità poi fortunatamente sfumata nel corso della legislatura.
La questione sembrava definitivamente archiviata solo pochi mesi fa quando proprio il premier Conte aveva rassicurato il Segretario di Stato americano Mike Pompeo sull'impegno italiano nella continuazione del programma F-35, che, lo ricordiamo, ha il suo unico stabilimento di produzione e manutenzione in Europa a Cameri, in provincia di Novara. Lo scorso fine novembre era persino arrivato il via libera proprio dai Cinque Stelle a una risoluzione di maggioranza in cui si stabiliva la prosecuzione del programma di acquisizione.
Ora però, complice il clima "virale" ed il bisogno, forse, di recuperare il consenso della base elettorale minato dal malcontento generalizzato ed estremizzato a causa di certe scelte prese durante l'emergenza per l'epidemia, torna a riaffacciarsi lo spettro del taglio degli F-35, e l'atteggiamento che vede la Difesa una sorta di inutile orpello spreca risorse.
Atteggiamento oltremodo scriteriato e pericoloso proprio per i tempi che stiamo vivendo, dove la pandemia ha acuito i dissidi internazionali minando ulteriormente anche l'unità dell'Ue, con la spaccatura tra i Paesi del nord (Germania, Olanda, Finlandia) e quelli del sud (Spagna, Francia e Italia) che è emersa in queste settimane e che ha dimostrato ancora una volta il clima di competizione all'interno dell'Unione Europea. Competizione che il virus ha acuito anche oltre i confini dell'Europa, come dimostrano i rapporti tra Stati Uniti, Cina, Russia, Giappone, Iran, India ecc.
La pandemia non ha improvvisamente cancellato le situazioni di tensione internazionale precedenti, anzi, semmai le ha inasprite ulteriormente: la Cina è sempre più attiva nel Pacifico Occidentale e ha approfittato proprio della momentanea ritirata americana dovuta all'eplosione del virus e a questioni economiche per avanzare ulteriormente in quello scacchiere. Del resto i "vuoti", in geopolitica, vengono sempre rapidamente colmati.
Non si può pertanto pensare che le priorità future, per il nostro Paese, siano le stesse di questo momento di emergenza, e la Difesa non deve essere pertanto un serbatoio di fondi o personale a cui attingere per tappare i buchi del sistema sanitario, nemmeno se si tratta di quello militare, che, semmai, andrebbe prima profondamente riformato. Destinare fondi a pioggia, ora come ora, non servirebbe a nulla: sarebbe come gettare fertilizzante in un campo senza aver prima eliminato le piante infestanti.
Purtroppo è diffusa l'idea che la Difesa sia una sorta di grande "Protezione Civile" e che al massimo serva per la sicurezza delle sedi diplomatiche, ma non è così e non deve essere così. Le nostre Forze Armate servono per difendere i nostri confini ma soprattutto i nostri interessi, che vanno al di là dei nostri confini estendendosi in aree anche molto lontane. Inoltre i fondi stanziati nel settore della Difesa, come per il programma F-35, rappresentano un investimento a lungo termine che funge da moltiplicatore in termini di occupazione e di valore per l'industria italiana, e come tale è un settore che va salvaguardato, non decurtato. Si pensi poi all'effetto volano che può avere la produzione industriale per le Forze Armate in un momento in cui gli ordini civili scarseggiano.
Tagliare fondi, stornarli anche temporaneamente, soprattutto senza un
piano ben preciso su come impiegarli, non aiuterà il nostro Paese ad uscire prima dall'epidemia, non lo aiuterà ad affrontarne una nuova in futuro, ma al contrario andrà a colpire una filiera che è stata più volte azzoppata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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