Non solo le hanno segregate nelle baracche, picchiate e costrette a vivere "come animali" e a prostituirsi. Ma quando una di loro è rimasta incinta hanno provato persino a vendere il nascituro per 28mila euro.
L'orrore è stato scoperto nel campo nomadi sorto alla periferia di Foggia, dove sei rom (due uomini, due donne e due ragazzini) sono stati arrestati per aver ridotto in schiavitù tre minorenni tra i 16 e i 17 anni, anch'esse rom. L'indagine che ha portato alle manette e alle accuse di riduzione e mantenimento in stato di servitù, induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e sequestro di persona ai danni di minori, è partita proprio da una delle tre ragazzine seviziate.
La giovane è riuscita a scappare dopo essere stata selvaggiamente pestata con calci, pugni, schiaffi e cinghiate, sferrati in ogni parte del corpo, sulla faccia, sulla pancia e dietro la schiena, nonché trascinata per i capelli e fatta strisciare per terra all'interno della baracca nella quale era stata segregata.
Secondo gli inquirenti, la banda di rom avrebbe attirato le vittime - tutte appartenenti a famiglie disagiate - nell campo rom con inganni e stratagemmi. Poi le avrebbe chiuse in una baracca con catena e lucchetto, picchiate per più giorni e infine costrette a vendere il proprio corpo sotto il diretto controllo dei loro aguzzini. Tutte erano costantemente controllate e rese incapaci di scappare dal campo. Ognuno dei fermati aveva un ruolo ben preciso: chi gestiva tutta l'attività illegale, chi accompagnava le ragazze dove si prostituivano, chi forniva loro anticoncezionali e chi le controllava durante la loro permanenza nel campo rom.
Nel corso delle indagini è emerso che gli indagati costringevano le minorenni a prostituirsi anche durante la gravidanza: in un'occasione una vittima è stata costretta a prostituirsi fino al settimo mese di gestazione e uno degli indagati aveva ipotizzato di vendere il figlio ad una persona che conosceva per 28mila euro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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