Ci ha provato, non pensando di trovare un dipendente dell'anagrafe così ostracista. E così, il 28enne giornalista curdo-iracheno Hajar Hamalaw non ha potuto chiamare suo figlio "Wikileaks". Già, proprio il nome del sito fondato da Julian Assange. È successo a Passau, città della Baviera. La storia è stata raccontata dal quotidiano locale, il Passauer Neue Presse. "Non è solo un nome per me, il fatto è che ha un grande significato, Wikileaks ha cambiato il mondo e le sue rivelazioni hanno avuto grandi effetti a livello mondiale, in particolare in Iraq, da dove veniamo", ha spiegato il padre. Niente da fare, però. "Hanno detto che non è un nome.
Pensava fosse il titolo di un programma per la tv", ha spiegato Hamalaw. È la legge tedesca a proteggere "il benessere del bambino", ha precisato una portavoce dell’amministrazione di Passau, Karin Schmeller. Il giornalista alla fine ha dovuto ripiegare sul nome Dako.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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