Il Goya ritrovato tra mafia, finanza e cardinali

Il destino del dipinto rimasto sommerso per decenni e ritrovato dai carabinieri

Ppersonaggio seduto con croce di Malta al collo (quadro sequestrato attribuito a Goya)
Ppersonaggio seduto con croce di Malta al collo (quadro sequestrato attribuito a Goya)

È la storia di un gentiluomo e parte da lontano. Un nobile della corte borbonica, con tanto di croce dei Cavalieri di Malta al collo, seduto mentre si fa ritrarre da Francisco Goya. È il 1789, l'anno della rivoluzione francese. Da allora, il dipinto del gentiluomo sconosciuto è finito in molte mani, non tutte trasparenti, ha fatto perdere le sue tracce, è sparito in un caveau di una banca del Lussemburgo e alla fine, all'improvviso, è tornato nelle mani dello Stato: consegnato direttamente ai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Ancona, secondo cui potrebbe valere fino a 15 milioni di euro. E dire che la società, con sede a San Marino, che l'aveva in gestione, l'aveva acquistato per un milione dalla proprietaria precedente, una signora di Ravenna. Ma secondo i militari il quadro, quindicesimo di una serie di sedici ritratti, sarebbe così prezioso proprio perché scomparso (come l'ultimo).

Il destino del dipinto è rimasto sommerso per decenni, e la ricostruzione dei carabinieri fa capire perché: alla fine degli anni Ottanta, per esempio, il ritratto è finito al centro di una trattativa di vendita fra un paio di famiglie mafiose della provincia di Trapani. Uno degli aspiranti acquirenti, Natale L'Ala, boss di Campobello di Mazara (legato a Gaetano Badalamenti) viene poi ammazzato nel 1990. Sul suo omicidio indaga Giuliano Guazzelli, un maresciallo dei carabinieri che sarà a sua volta ucciso dalla mafia nel 1992.

Guazzelli scopre nell'auto del boss delle carte che riguardano il dipinto: è anche grazie alla sua inchiesta di allora se si possono rimettere insieme i pezzi di un puzzle che ha come sfondo il mondo dell'arte, della mafia, della finanza e perfino del Vaticano. Perché nel 1998, dieci anni dopo quella tentata vendita in Sicilia, la stessa opera è sequestrata a Roma, a un cardinale che doveva occuparsi del restauro e delle perizie: perché, ancora una volta, era finita in un'altra inchiesta su un omicidio di mafia, questa volta nell'Agrigentino.

Alla fine, il gentiluomo è stato acquistato dalla società sanmarinese, che l'ha messo al sicuro in Lussemburgo.

È stato l'amministratore delegato, marchigiano, a portare l'opera ai carabinieri, per essere sicuro di poterla rivendere senza problemi. Evidentemente aveva qualche sospetto. Ora toccherà al ministero decidere il nuovo destino del Goya ritrovato, alla luce del sole.

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