La scuola italiana e il suo corpo docente e dirigente sta scrivendo una delle pagine più squallide della sua storia. A pochi giorni dall'inizio degli esami di maturità migliaia di professori stanno cercando di evitare la rottura di dover tornare al lavoro dopo quattro mesi di semi vacanza. Sono in talmente tanti a marcare visita che in alcuni istituti l'esame è addirittura in forse. C'è chi fugge per paura del virus e chi è già scappato in vacanza e non ha alcuna intenzione di interrompere il buen retiro.
Se in tempi normali tutto questo potrebbe essere classificato tra le tante storture e furbizie del pubblico impiego, in tempi di pandemia suona come una vera vigliaccata. Di fronte all'emergenza, e chiamati per affrontarla, nessuna categoria si è tirata indietro nonostante il rischio. Per prima quella di infermieri e medici, definiti «eroi» proprio perché hanno affrontato il nemico spesso disarmati e per questo hanno lasciato sul campo morti e feriti.
Mi sarei augurato che l'Italia avesse anche una compatta classe di professori eroi, disposti cioè a qualunque costo e in qualunque situazione, anche la più disagiata e rischiosa, ad essere esempio ai loro studenti e riscattare con dignità e altruismo una stagione di studio compromessa dal virus, perché l'emergenza educativa non è inferiore a quella sanitaria.
E invece purtroppo ci ritroviamo con una categoria di insegnanti non tutti ma pur sempre troppi che si attacca ai diritti più cavillosi compreso quello di non dover avere nessun dovere, né professionale né etico; che rivendica chissà quali garanzie, che nella sostanza non ha voglia di lavorare neppure in emergenza pur sapendo di avere lo stipendio assicurato (o forse proprio perché sa di averlo); che ha il coraggio, in una situazione così difficile, di arrivare a dichiarare sciopero.
Ecco, una classe dirigente così come pensa di poter educare i giovani, di diventare un modello? Gli infermieri del Centro-Sud si sono messi in fila per venire a fare volontariamente il loro dovere al Nord sotto attacco ma molti insegnanti si rifiutano di spostarsi venti chilometri per garantire gli esami di maturità e l'unica fila che pensano di fare è quella per prendere il treno delle vacanze.
Tutto ciò è colpa di anni di devastazione della scuola da parte dei sindacati di una gestione burocratica e ideologica dell'educazione.
Ci sono eccezioni? Certo, e per fortuna tante ma non a sufficienza per ribaltare l'andazzo. Tanto che hanno permesso che in Italia la scuola chiudesse prima dei bar e riaprisse dopo calcio e calcetto. E questo dà l'idea del loro valore (e del loro non eroismo).
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