Dopo giorni di guerra tra alleati il governo ha approvato ieri sera, con grave ritardo, la manovra da cinquantacinque miliardi per fronteggiare la crisi economica. Gli squilli di tromba con cui è stata annunciata appaiono stonati, parliamo infatti del minimo sindacale che ci si poteva aspettare da chi guida il Paese. Speriamo non sia troppo tardi per salvare il salvabile, che la sospensione della rata Irpef di giugno prevista nel decreto per le piccole e medie aziende serva a evitare o limitare la moria che è alle porte.
Oggi capiremo meglio ma, detto che la coperta era corta, alcune cose lasciano perplessi. Per esempio il fatto che il punto più caldo della discussione sia stata la sanatoria per gli immigrati, ma si siano dimenticati di compensare economicamente - come promesso solennemente - lo sforzo di medici e infermieri che sono stati tre mesi in trincea pagando un non indifferente tributo in vite umane, ben definisce quali siano le priorità di questo governo. In serata, dopo un'ondata di proteste, Palazzo Chigi ha fatto sapere che troveranno il modo di onorare l'impegno, ma avremmo preferito non per populismo, ma per senso di giustizia e riconoscenza - l'inverso: prima i nostri infermieri, poi gli immigrati da regolarizzare.
Comunque attenzione, non è tutto oro quello che luccica. I miliardi sulla carta non interessano, quelli buoni sono quelli che arrivano velocemente nelle casse delle imprese e nelle tasche delle famiglie. E qui i dubbi sono tanti, scottati come siamo dai recenti precedenti della cassa integrazione straordinaria che non arriva, dei bonus per i lavoratori autonomi impantanati nella burocrazia e dei prestiti bancari di fatto irraggiungibili, delle mascherine introvabili e dei tamponi con il contagocce. In altre parole, scottati da un governo lento a prendere le decisioni e incapace a metterle in pratica.
Altra cosa ancora è il dato politico.
Le lacerazioni che questo decreto oltre il macchinoso piano di riapertura - ha provocato tra i partiti della maggioranza, dentro i Cinque Stelle, tra il premier in persona e i suoi soci e tra il governo e il Paese in tutte le sue articolazioni sono tali da non lasciare ben sperare per la tenuta dell'esecutivo.Al punto che, secondo alcuni ben informati, questo potrebbe essere anche l'ultimo atto della sciagurata era Conte.
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