Ideologie di pace e di guerra

Una delle maledizioni del Belpaese è trasformare ogni fatto, anche il più crudele, in un'ideologia, in una disputa tra rossi e neri

Ideologie di pace e di guerra

Una delle maledizioni del Belpaese è trasformare ogni fatto, anche il più crudele, in un'ideologia, in una disputa tra rossi e neri. È successo con i Pro-Vax e i No-Vax ai tempi del Covid, si sta riproponendo anche nella tragedia della guerra in Ucraina. Tutti indossano una casacca. Così abbiamo gli atlantisti «duri e puri» come Enrico Letta o, per andare nei media, Gianni Riotta. E sull'altro versante i pacifisti a priori, il trio Conte-Travaglio-Belpietro a cui ogni tanto fa l'occhiolino Salvini che muore dalla voglia di andare a Mosca. I primi vogliono Vladimir Putin incatenato e deportato a Kiev. I secondi avrebbero firmato la pace il primo giorno di guerra consegnando Zelensky e l'Ucraina al Cremlino.

Eppure mai come nei drammi c'è bisogno di pragmatismo, di realismo, di una visione dei problemi che si curi innanzitutto degli interessi generali. Uno può pensarla come vuole, ma la decisione di Biden di non inviare missili a lungo raggio a Kiev lascia supporre che pure Oltreoceano si stiano convincendo che le armi ormai abbiano detto la loro, che i rapporti di forza tenderanno a fotografare l'attuale situazione sul campo: al di là dei desideri, delle illusioni e delle conseguenti delusioni di ognuno, è quasi impossibile che i russi si ritirino dal Donbass e dalla Crimea, come pure che riescano a conquistare Odessa; contemporaneamente gli ucraini, dopo aver difeso eroicamente Kiev e Kharkiv, difficilmente senza gli armamenti americani più sofisticati avranno la forza di scatenare una controffensiva che ricacci l'armata rossa fuori dai vecchi confini.

Tutto ciò dovrebbe far intravvedere una flebile luce alla fine del tunnel. Ma già solo dirlo, azzardando un'analisi sensata sulle prospettive di una trattativa, ti mette contro gli uni e gli altri: gli atlantisti «duri e puri» guardano con diffidenza un simile orizzonte perché sono convinti che con il «mostro» del Cremlino non si debba trattare a priori; i pacifisti tutti d'un pezzo perché così viene meno l'argomento principe delle loro congetture e cioè che a Washington ci siano solo guerrafondai.

La verità è che le lenti delle ideologie, vecchie e nuove, annebbiano la vista e nascondono la realtà. Ad esempio, quelli che puntano a mettere all'angolo Putin non vedono le difficoltà della Ue nel decidere l'embargo del petrolio, teorizzano che ormai la Russia stia esaurendo le risorse dimenticando che continua a vendere gas all'Europa per un miliardo di dollari al giorno: 90 miliardi dall'inizio della guerra (senza contare gli aumenti), mentre l'Ucraina dagli Usa ne ha ricevuti appena la metà. Altra fesseria è la tiritera dei pacifisti contro la fornitura di armi: scambiano la pace con la resa dell'Ucraina. Appunto, no armi, no Ucraina.

Semmai, atlantisti e pacifisti dovrebbero avere più coraggio e chiedere entrambi l'ingresso di Kiev nella Ue. I secondi offrirebbero una contropartita a Zelensky in cambio della Crimea e del Donbass.

I primi avrebbero l'opportunità di mettere di fronte alla porta di casa dello Zar il progetto di uno Stato democratico, occidentale, con standard europei in cui si parla pure russo, cioè un modello alternativo di sicuro appeal per i cittadini dell'impero. Sono scelte che pretendono coraggio, ragione per cui per molti è più semplice rifugiarsi nell'ideologia.

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