Nichi Vendola, governatore della Puglia, torna a parlare della questione dell'Ilva di Taranto. Il presidente della Regione, a Radio 1Rai, dà ragione a quanto affermato ieri dal governo, che contestava la scelta del gip di chiudere lo stabilimento pugliese, in attesa dell'adeguamento delle strutture.
"L'Ilva deve andare davanti al magistrato e togliere il 'proiettile' dalla canna della pistola, il suo deve essere un atto di disarmo", dice Vendola, che individua nelle carte dei giudici la strada da seguire. E però rimarca: "Abbandonare l'acciaio sarebbe una sconfitta, bisogna mettere in equilibrio il lavoro e la salute".
Le modifiche necessarie non possono che essere fatte "a impianti accesi, se si spegne un'acciaieria vuol dire la morte della fabbrica". Il discorso del governatore passa poi alle norme regionali, "un bombardamento di leggi d'avanguardia", che stabiliscono che "tutti gli stabilimenti devono abbattere la diossina" e suppliscono alla mancanza di una legge nazionale in materia.
Nella stessa trasmissione interviene anche Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, che sottolinea come il suo sindacato voglia "la conciliazione di lavoro e salute". "C’è una piccola frangia di lavoratori che si contrappongono, una minutissima frangia di lavoratori mischiati con altre persone che non hanno interesse che la produzione continui, sono dentro una vicenda di natura ideologica e che non soppesa le conseguenze per Taranto".
Anche Bonanni sottolinea: "Taranto non migliorerà nè in salute nè in ambiente se dovesse deindustrializzarsi". Intanto per oggi sono previste nuove ore di sciopero.
Bruno Ferrante, presidente dell'Ilva ha depositato oggi due appelli contro la decisione del gip Patrizia Todisco, sottolineando come siano "viziati in punti di diritto" e chiedendone "l'annullamento".
Mentre gli atti dell'indagine sono arrivati sulla scrivania del Guardasigilli, il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, ha riferito alla Camera sulla situazione dell'acciaieria. Intanto attacca: "Stiamo lavorando su diverse ipotesi ma non siamo impegnati in un conflitto con la magistratura". Il ricorso alla Consulta? Si deciderà dopo il 17 agosto, quando il ministro spera di vedere "almeno il procuratore capo", per provare a trovare "il punto di equilibrio".
Ciò che bisogna evitare è un "decreto d'emergenza", tenendo conto che "la situazione dell'Ilva investe tutto il sistema industriale italiano e l'affidabilità dell'Italia nei confronti degli investimenti esteri, che ci auguriamo e cerchiamo di spingere nel nostro Paese". Intanto gli atti del gip relativi all'Ilva - quello sul sequestro degli impianti e quella sulla revoca della nomina a Ferrante - sono arrivati al ministero della Giustizia.
Il ministro, ricordando che c'è un conflitto tra quello che ha stabilito il Tar e quanto deciso dal gip di Taranto, ha poi assicurato che non verranno usati soldi pubblici per il risanamento degli impianti e per questo: "la chiusura degli impianti vuol dire innanzitutto l’apertura di una vertenza tra impresa, amministrazioni locali e tra impresa e magistratura che
non si sa quando può finire". Inoltre, in tal caso c'è il rischio che la messa in sicurezza non avvenga affatto: se l'azienda chiude "non c’è più la leva di voler investire, ricordiamoci il caso della Stoppani di Genova"
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