"É come se mia mamma fosse nell’etere. Non lo ho vista neanche prima che chiudessero la bara”. Ha la voce rotta dal dolore e un senso di impotenza che si percepisce ad ogni parola. Così la donna, al telefono, ci racconta il dramma che è stata costretta a vivere. Da quando il Covid-19 ha colpito sua madre che, da anni, viveva in una Rsa a Firenze. Francesca, è così che la chiameremo per assecondare la sua richiesta di anonimato, oggi si chiede come sia potuto succedere che, in quella struttura dove lei non è più potuta entrare dai primi di marzo, il virus abbia ucciso sua madre. L’ennesima vittima di questo dramma nel dramma. L’ennesimo corpo che si è spento nella più totale solitudine. Circondato da uomini vestiti di bianco e il cui ricordo dei propri cari risale a quando ancora tutto andava bene.
La madre di Francesca da cinque anni viveva nella stessa casa di cura. “Era una donna in gamba, che stava bene, era in carrozzina ma aveva una forza incredibile”, spiega la figlia. Le due donne si sentivano tutti giorni e lei la andava a trovare più volte a settimana. “Fino a quando a marzo non ci hanno detto che avrebbero chiuso la struttura per gli ospiti esterni”, ci spiega Francesca. Un obbligo che, con dolore, tutti hanno rispettato, sicuri che quella loro diligenza avrebbe salvato le vite di molti anziani. Eppure, la distanza dalle persone che amano non è bastata a tenere al sicuro gli ospiti della Rsa del capoluogo Toscano. Giorno dopo giorno, si sono moltiplicati i contagi e la struttura dove viveva la mamma di Francesca è diventata terreno fertile per il virus che si è portato via almeno 4 vite. “Lì sono morte delle persone e nessuno lo dice. Ho provato a chiedere spiegazioni anche alla casa di cura e mi è stato risposto 'qui va tutto bene', mentre mia mamma era stata trasferita all’ospedale di Careggi per essere ricoverata. Tutto viene nascosto perché le realtà è che qualcuno ha sbagliato qualcosa. Io ho saputo da altri parenti che mia madre non era l’unica e questo è scandaloso”, si arrabbia Francesca che non smette di lottare per abbattere questo muro di omertà che oscura quella verità che servirebbe per fare giustizia.
D’improvviso, un passo avanti verso la verità è stato fatto. Qualche giorno fa, un’infermiera che lavorava all’interno della struttura ha fatto sapere, in via anonima, che mentre la residenza era stata blindata ai visitatori, medici e operatori sanitari venivano messi di turno anche se risultati positivi al coronavirus. “Una ragazza, infermiera che lavorava nella Rsa dove viveva mia madre, ha scoperto di essere positiva al tampone da una chat interna. Ha continuato a lavorare anche se era infetta, perché nessuna l'aveva avvertita”, ci racconta disperata Francesca. Inconsapevole di essere infetta, la ragazza ha proseguito le cure dei propri pazienti, mentre dall’alto qualcuno, pur di non rischiare di rimanere senza personale, ha deciso di mettere una bomba ad orologeria in un castello di carta. “L’infermiera ha ammesso che la stessa mascherina l’ha dovuta riutilizzare per 15 giorni consecutivi perché non avevano abbastanza dispositivi di protezione individuale e quindi quella era meglio che niente", ci spiega.
Ora chi ha vissuto la beffa sulla propria pelle ha paura di ritorsioni e evita di uscire allo scoperto, così risalire al vero colpevole della questione diventa sempre più difficile. Intanto la Regione se ne lava le mani e nonostante le mascherine siano esaurite ovunque le istituzioni abbiano fatto arrivare dispositivi non idonei all’utilizzo sanitario, il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi ha dichiarato: “Abbiamo fatto anche più di quello dovuto dall’inizio di marzo. L’allerta doveva partire dall’interno delle Rsa”. Uno schiaffo a quelle 150 famiglie che hanno perso i propri cari nelle case di cura. Un’offesa verso le centinaia di morti le cui vite non sono state protette abbastanza. Perché nessuno ha “fatto più del dovuto”.
Con il primo caso di coronavirus nella struttura fiorentina sono iniziati i tamponi a tappeto. La madre di Francesca era stata, come gli altri pazienti, spostata in una stanza singola.
Neanche il tempo di ricevere la risposta dei test che la donna è stata trasferita in ospedale perché le sue condizioni si erano aggravate: “Le è stato fatto il tampone il 25 di marzo, dopo tre giorni, ancora non erano arrivati i risultati, ma lei stava male e l’hanno dovuta portare via in ambulanza.” Dopo pochi giorni la donna è morta, senza che Francesca potesse darle l’ultima carezza della sua vita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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