L'Isis minaccia Twitter: «Uccidete il fondatore»

Appello on line ai sostenitori dello Stato islamico: un invito a colpire il social network e i suoi impiegati

Twitter ha risposto subito: «La nostra squadra sta investigando la veridicità di queste minacce con le pertinenti forze di polizia». Le minacce sono quelle di presunti sostenitori dello Stato islamico che nelle scorse ore hanno postato on line un invito a cellule estere e a «lupi solitari» a colpire Twitter e i suoi dipendenti. Accanto al testo in arabo ripubblicato dal sito americano BuzzFeed c'è la fotografia del co-fondatore del social network, Jack Dorsey, all'interno di un mirino.

La relazione tra lo Stato islamico e i social media è da sempre intensa e complessa. L'intera efficace strategia comunicativa del gruppo estremista è basata infatti sul loro capillare sfruttamento. I brutali video delle decapitazioni degli ostaggi stranieri, le immagini del pilota giordano bruciato vivo in una gabbia sono stati postati dallo Stato islamico anche su Twitter, per esempio. La direzione del social network, dai suoi uffici di San Francisco, cerca come può di arginare il mare della propaganda jihadista, bloccando account che ciclicamente ricompaiono addensandosi nell'anonimato. Twitter solitamente cancella gli account che pubblicano «minacce dirette e specifiche all'uso della violenza contro altri», è scritto nel suo statuto. «Avete continuato a chiudere i nostri account Twitter - scrivono i presunti sostenitori dello Stato islamico nel loro messaggio - ma come vedete, noi torniamo sempre. Quando i nostri leoni verranno a togliervi il respiro, allora non resusciterete».

I vertici del social network sarebbero colpevoli, dunque, del tentativo di frenare la propaganda on line dello Stato islamico: «La vostra guerra virtuale contro di noi causerà una guerra reale contro di voi. Avete iniziato questa guerra fallimentare, vi avevamo detto fin dall'inizio che non è la vostra». La guerra per ora, quella vera, la stanno combattendo le forze irachene - sostenute da milizie sciite e sunnite - nel Nord dell'Irak. L'esercito di Bagdad ha iniziato infatti ieri un'operazione per riconquistare Tikrit, città natale dell'ex rais Saddam Hussein, conquistata dagli uomini dello Stato islamico durante l'estate. È il primo passo di un'offensiva che, con l'appoggio dell'aviazione americana e della coalizione internazionale, tenta di strappare agli estremisti i maggiori centri urbani del Nord finiti sotto il controllo jihadista nei mesi passati. Nelle scorse settimane, fonti del Pentagono avevano fatto sapere che gli americani si preparavano a sostenere un'offensiva irachena estiva per recuperare la strategica cittadina di Mosul, secondo centro urbano per dimensioni nel Paese.

Nella coalizione internazionale che da mesi porta a termine raid aerei su Irak e Siria c'è anche la Giordania, dove la barbarica uccisione da parte dei jihadisti del pilota Moath Al Kasasbeh, catturato a dicembre quando il suo aereo era stato abbattuto dall'artiglieria dello Stato islamico, ha cementificato il consenso della popolazione dietro al suo re, che aveva allora ordinato di bombardare le postazioni degli estremisti.

Il sovrano Abdullah II, già robusto alleato nella regione degli Stati Uniti e della comunità internazionale, ha parlato in queste ore per la prima volta dopo gli avvenimenti alla Cnn : gli uomini dello Stato islamico, ha detto a Fareed Zakaria, sono «fuorilegge» che deformano l'islam e lo fanno usando «l'intimidazione».

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