Marò, ora teniamoli qui a ogni costo

Solo quando sarà stabilito che non dovranno mai più mettere piede in India saranno davvero liberi

Marò, ora teniamoli qui a ogni costo

Siamo felici, gioiamo, ma non dimentichiamo. Non dimentichiamo che il ritorno di Salvatore Girone in Italia annunciato ieri arriva dopo un odissea durata 1.562 giorni e protrattasi attraverso il mandato di tre governi. Tre governi che hanno contribuito con il loro comportamento a far dimenticare all'opinione pubblica la questione fondamentale di questa vicenda, ovvero l'innocenza di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.

Innocenti perché non sono stati loro, nel febbraio del 2012, a uccidere due indiani. Innocenti perché quando hanno aperto il fuoco contro un barchino di presunti pirati, l'Enrica Lexie, la nave affidata alla loro protezione, si trovava in un quadrante nautico completamente diverso da quello in cui sono stati ammazzati i pescatori Valentine Jalstine e Ajesh Binki. Proprio per questo, proprio in virtù di quell'innocenza, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre non dovranno in nessun caso venir restituiti alla competenza della Corte Suprema dell'India. Poco importa se, e quando, la Corte Internazionale dell'Aja deciderà che la giurisdizione sul caso spetta a Nuova Delhi o a Roma.

La questione di fondo, la vera giustizia non passa e non è mai passata attraverso questo cavillo giuridico. La questione basilare, troppo spesso scordata o ignorata anche dalle nostre autorità, è che Salvatore Girone e Massimiliano Latorre non vanno giudicati né dall'Italia, né dall'India perché sono stati accusati con l'inganno, sono stati catturati con un tranello e sono stati trattenuti in India in barba a tutte le regole del diritto internazionale. Adesso è ora di dire basta. Ottenuto il loro ritorno è necessario che l'Italia e il suo governo s'impegnino a non restituire per alcun motivo i due militari. Per nessuna ragione al mondo questi due fucilieri di Marina devono tornare a vivere nel dubbio e nell'angoscia. Per nessuna ragione l'Italia deve rivivere la vergogna di una loro restituzione.

È già successo nel marzo 2013 ed è stato sufficiente a minare la salute di Massimiliano Latorre e la fiducia di gran parte delle Forze Armate nei confronti delle nostre istituzioni. Quella volta, tre anni fa, sarebbe bastato che un giudice, uno dei tanti magistrati sempre pronti ad aprire inutili, costose e dannose inchieste sui colpi sparati dai militari italiani in missione in Afghanistan o altri teatri di guerra, aprisse un fascicolo giudiziario a carico dei due fucilieri e l'Italia avrebbe avuto a disposizione un appiglio per giustificare il mancato rientro in India. Ma nessun magistrato mosse un dito e il governo Monti avvallò, d'intesa con l'allora Presidente della Repubblica, il rientro in India dei due innocenti.

Oggi abbiamo la possibilità di rimediare all'ignavia di quella decisione e dobbiamo farlo indipendentemente dalle garanzie offerte al governo indiano. Un contratto imposto con il ricatto o con la forza va considerato legalmente nullo. Quelle garanzie imposteci con la minaccia di prolungare ancora l'incubo di un soldato innocente vanno considerate alla stessa stregua.

Soltanto quando un governo di questo paese dichiarerà e sancirà l'indiscutibile diritto dei due nostri militari a non metter mai più piede in India noi italiani potremo gioire. Soltanto allora questa partita ignobile potrà dirsi vinta. Soltanto allora Salvatore Girone e Massimiliano Latorre saranno veramente liberi.

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