"Marco non si è neanche accorto di quello che è successo". Silvia Fojticova, 39 anni, cerca di consolarsi così. È ricoverata all'ospedale Oglio Po di Casalmaggiore, nel mantovano, ma riesce a raccontare al Corriere della Sera le drammatiche ore di giovedì 22 novembre. Quando suo marito Gianfranco Zani ha dato fuoco per vendetta alla casa in cui abitavano a Sabbioneta, in provincia di Mantova, uccidendo il figlio di 11 anni. All'uomo era stato vietato di avvicinarsi all'abitazione a causa dei maltrattamenti.
"Me lo sono ritrovato davanti mentre guidava il suo furgone", ricorda la donna. "Aveva già dato fuoco a casa nostra ma non potevo saperlo. Io stavo rientrando dopo aver accompagnato il figlio maggiore a giocare a calcio. Sul sedile a fianco a me avevo il più piccolo, di 3 anni. Mio marito ha fatto per centrarmi e io l’ho schivato una prima volta".
Poi l'uomo è tornato all'assalto: "Mi ha inseguito fermando il muso del camion a trenta, quaranta centimetri dalla mia macchina, costringendo a frenare. Ha accelerato ancora, colpendo uno sportello ed è scappato". A quel punto Silvia si è diretta verso casa. Qui la tremenda scoperta: "Mi sono accorta che stava uscendo un gran fumo dal piano di sopra e mi sono ricordata di quante volte mi aveva minacciata dicendo che avrebbe bruciato casa con noi tutti dentro. Ho aperto la porta, ho cercato di raggiungere la cameretta di Marco ma salire le scale era impossibile, un muro di fumo, non si respirava".
Zani ora si trova in
carcere a Cremona con l’accusa di omicidio volontario, in attesa della convalida del fermo. Nelle prime udienze avrebbe negato di aver appiccato il rogo, poi è stato trasferito in psichiatria per il rischio che si suicidasse.
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