«La mia donna-angelo darà la voce all'Italia dell'opera»

Il soprano sarà Liù nella «Turandot» del primo maggio alla Scala di Milano per l'apertura di Expo: «È una grande responsabilità, ma non ci penso»

«La mia donna-angelo darà la voce all'Italia dell'opera»

È la vittima sacrificale della relazione di Calaf e Turandot. Si chiama Liù ed è la donna angelo di Turandot , l'opera di Giacomo Puccini che l'uno maggio, alla Scala, dà il benvenuto a Expo. Pur di non svelare il nome di Calaf, saputo il quale la principessa Turandot ha il diritto di uccidere Calaf, Liù si sottopone a tortura e poi al suicidio. È innamorata di Calaf ed è l'amore - spiega a una gelida Turandot - che le dà la forza di sopportare le angherie. Sarà il soprano Maria Agresta, 36 anni, di Salerno, a dare voce a Liù.

È considerata la cantante-rivelazione di casa nostra. Però s'è imposta all'attenzione piuttosto tardi. Perché?

«Vengo dalla provincia di Salerno, area senza grandi opportunità. Inoltre avevo iniziato come mezzosoprano. Dopo anni di gavetta, il Regio di Torino mi ha lanciato definitivamente».

Alla Scala sarà Liù. L'opera volge alla fine: lei si è appena suicidata per Calaf che, a un passo dal cadavere, prende Turandot e la bacia. Non la scoccia questa cosa?

«Quello della donna che muore per il tenore è un po' il motivo conduttore dell'opera. È lei, del resto, che soffre di più anche nella quotidianità».

Cosa le piace di Liù?

«La forza interiore mista alla dolcezza. Poi il suo squisito lirismo. Puccini le ha cucito addosso le più belle pagine che abbia mai scritto».

Per voi cantanti, è più difficile incarnare donne angeliche come Liù o gelide come Turandot?

«Mi sentirei più a mio agio nei panni di Turandot. I personaggi freddi e distaccati sono più semplici perché non c'è il coinvolgimento emotivo. Una donna come Liù va gestita e domata. Ci sono momenti così carichi di emozioni che la gola tende a chiudersi».

Quale donna dell'opera la coinvolge più di tutte?

«Oltre a Mimì, Suor Angelica: quando scopre che il figlio è morto, in quel momento, devo creare uno spessore per separami dall'intensità dell'emozione».

Ha debuttato Liù nel 2012 all'Arena di Verona, replicandola di nuovo lì. Finalmente ora si va a teatro.

«Questo mi consentirà di ricercare di più i colori e le sfumature».

Ha già lavorato con Chailly?

«No. L'ho conosciuto durante un'audizione alla Scala. Andò molto bene. Mi chiese di fare alcune cose con lui, a Valencia, ma le date erano già coperte. Così il progetto sfumò».

Torniamo a Turandot. Che finale si meriterebbe una donna così crudele?

«Ha comunque sofferto, aleggia lo spirito di una sua antenata violentata e uccisa, quindi ora teme gli uomini. Ma la vita le vuole regalare un po' di gioia. Spesso c'è chi paga un prezzo per il riscatto di qualcuno. E questo non solo nell'opera…»

Calaf non è una gran bella figura…

«Nelle opere di Puccini, gli uomini spesso non sono grandi uomini. Calaf è meno peggio di altri, almeno lui si innamora e va fino in fondo».

Canterà davanti a un parterre con pochi precedenti nella storia della Scala. Tesa?

«Non ci penso. So che avrò una grande responsabilità rappresentando l'Italia che, anche da un punto di vista culturale, non vive un momento florido. Vorrei che questo evento contribuisse a dare luce al nostro Paese».

Ci saranno anche alcuni dei nostri vertici. Se volesse cogliere l'occasione per lanciare un appello?

«Ricordo che non possiamo trascurare i teatri d'opera. Tanti Paesi vorrebbero che l'opera fosse loro, invece è un nostro prodotto, ma non lo capitalizziamo a sufficienza. Dà lavoro, ci rende migliori…»

Un lavoro non sempre retribuito. Ci sono teatri italiani che non pagano, oppure lo fanno con grandi ritardi. L'ha sperimentato anche lei?

«Eccome, più volte. Con due teatri sono in causa. Tanti colleghi tornano a cantare nei teatri non paganti perché sperano in un cambiamento. S'innesca un circolo vizioso. C'è chi ha cambiato mestiere, perché continuava ad anticipare soldi per vitto e alloggio per le recite e le prove, ma non riceveva mai lo stipendio».

All'estero non le è mai capitato?

«No. Si aspetta al massimo una settimana, e non mesi o anni… o mai».

Quindi i prossimi suoi appuntamenti dove sono?

«A New York, debutterò nel gennaio 2016, Londra ma anche Palermo e Salerno».

A proposito di Salerno. Conosce Giuseppe De Luca?

«Sì.

Non entro in discorsi legati alla politica spicciola. Però assicuro che è molto attento alla musica e ai talenti locali. Ha fatto del teatro di Salerno una struttura eccezionale portando nomi importanti e aumentando la produttività. L'ho conosciuto proprio lì».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica