I rom del Camping River trasferiti nella tendopoli. Ira dei romani: "Non li vogliamo"

La protesta dei cittadini contro la decisione del sindaco Virginia Raggi di trasferire cinque famiglie bosniache sgomberate dal Camping River nella tendopoli gestita dalla Croce Rossa a via Ramazzini

I rom del Camping River trasferiti nella tendopoli. Ira dei romani: "Non li vogliamo"

Per ora si tratta soltanto di 36 persone, in gran parte bambini, anche molto piccoli. Ma la permanenza temporanea di cinque famiglie rom bosniache sgomberate la scorsa settimana dal Camping River nella tendopoli gestita dalla Croce Rossa in via Ramazzini ha già sollevato una vera e propria rivolta nel quartiere di Monteverde (guarda il video).

“Il Comune ci ha chiesto di ospitare queste cinque famiglie in condizioni di grave fragilità sociale che rimarranno qui fino al 25 ottobre, quando la struttura, messa a disposizione per l’emergenza caldo, avrà adempiuto alle sue funzioni”, spiega Giorgio De Acutis, operatore della Croce Rossa. “Non siamo qui per rimanere, a settembre ce ne andremo, tempo che il sindaco ci trovi un’altra sistemazione”, conferma una donna bosniaca ospite della tendopoli. Di usufruire del contributo offerto dal Campidoglio per tornare nei Paesi d’origine non ne vuole sentir parlare. “I miei figli sono tutti italiani, la Bosnia è un Paese che ormai abbiamo dimenticato, lì dopo la guerra non è rimasto nulla, che opportunità ci sarebbero per noi?”, si domanda. “Aspettiamo che il Comune ci dia un alloggio”, ribadisce un altro sfollato. “All’inizio abbiamo accettato il contributo del Campidoglio, ma per noi è difficile trovare una casa in affitto”, si lamenta.

Fuori dai cancelli, intanto, una quarantina di persone sta protestando con le bandiere di Fratelli d’Italia. Il timore dei residenti è che l’hub di prima accoglienza di via Ramazzini si trasformi in un nuovo campo rom. “Non sono profughi, loro sono nomadi per scelta, quindi non dovrebbero usufruire dell’aiuto della Croce Rossa”, attacca una signora che abita nella zona. I residenti raccontano che le famiglie sono state trasferite all’insaputa del quartiere, di notte. “Nessuno ci ha informato, lo abbiamo scoperto tramite i social network”, si lamenta una donna sulla quarantina. Così in molti si sono decisi a scendere in piazza per far valere le proprie ragioni. “Non vogliamo problemi in zona”, è il ritornello che ripetono i cittadini di Monteverde. La maggior parte plaude allo sgombero del campo, frutto della sinergia tra Campidoglio e Viminale, ma “spostarli da una parte all’altra della città non ha senso, soprattutto in un contesto urbano dove i cittadini hanno già problemi di furti in casa e degrado”, precisa un’altra donna.

“Comprassero una casa come abbiamo fatto noi”, le fanno eco poco distante. “Accoglienza sì, ma i nomadi no, non si meritano nulla, non si vogliono integrare”, ripetono giovani e meno giovani in fila al banchetto per la raccolta firme. “Entrano nelle nostre case, bruciano l’immondizia, sugli autobus non si può quasi più salire per colpa loro, tra pacchi, carrelli e valigie”, racconta un’anziana che abita al Trullo. “Il territorio ha già pagato nel 2017 la presenza di circa 400 immigrati”, accusa Valerio Garipoli, consigliere municipale di Fratelli d’Italia, che ora paventa il rischio “che tra settembre ottobre il numero degli ospiti possa aumentare di almeno altre trenta unità”. “Non si può sgomberare un campo nomadi e poi di fatto metterne in piedi un altro”, attacca Chiara Colosimo, consigliere regionale del Lazio del partito di Giorgia Meloni, mentre il senatore Marco Marsilio denuncia “l’atteggiamento demagogico del sindaco e del ministro dell’Interno”. Il problema, secondo l’esponente di Fdi, “non è stato risolto radicalmente, e la sua gestione rimane frammentata e diffusa sul territorio”. Anche per Marco Giudici, consigliere leghista, l'intervento di Matteo Salvini sul Camping River è stato "vanificato dalla sindaca, che non ha curato la ricollocazione delle persone sgomberate".

Nel frattempo dalla Sala Operativa Sociale del Campidoglio si continua a lavorare per offrire soluzioni per l’accoglienza agli ex occupanti del River che, per la maggior parte, restano accampati nella zona di Prima Porta. Tra le opzioni che potranno essere attivate dai nomadi fino al 30 settembre ci sono l’inclusione abitativa e lavorativa, l’avvio di un’attività d’impresa oppure il rientro volontario assistito. L’obiettivo è quello di includere la popolazione rom nella società civile ed evitare che, dopo lo sgombero della settimana scorsa, si moltiplichino a macchia d’olio gli insediamenti abusivi.

E a rassicurare la popolazione ieri è intervenuta la

stessa sindaca, Virginia Raggi: "Quella situazione è temporanea, staranno lì al massimo fino alla fine di settembre". "Nel frattempo - garantisce - continuiamo a lavorare con le famiglie per offrire una serie di alternative".

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