Raggi, i rimpatri volontari fanno flop: solo 14 rom accettano di lasciare Roma

Il piano: 1.000 euro a chi torna in patria. Deserte anche le aste del Comune

Raggi, i rimpatri volontari fanno flop: solo 14 rom accettano di lasciare Roma

Roma detiene un triste primato. È la città dove c'è il maggior numero di baraccopoli rom. Il sindaco Virginia Raggi, a maggio 2016, ha imboccato il sentiero tortuoso del superamento dei campi. Si comincia dal River Village di via Tenuta Piccirilli: 11.151 metri quadrati di container e vecchie roulotte a nord della Capitale. Passano mesi e stagioni, cambiano le strategie, ai nomadi vengono offerti aiuti di ogni genere: per il rimpatrio, per l'affitto, per avviare una start up. È un buco nell'acqua. O quasi.

È di ieri l'annuncio della Raggi. Dei circa 480 inquilini della baraccopoli, appena in 14 hanno scelto la carta del rimpatrio volontario, incassando fino a mille euro l'anno a persona, oppure 3mila a nucleo familiare. L'investimento, fa sapere la prima cittadina, è garantito. Chi aderisce al programma firma «un dettagliato patto di responsabilità, che prevede il rispetto di precisi diritti e doveri». E per chi non rispetta gli accordi? Da Palazzo Senatorio dicono che «il patto si annulla». L'idea dei «rientri volontari» non è nuova. Ci aveva già pensato nell'estate del 2010 Nicolas Sarkozy. Ma rispetto al piano dell'allora presidente francese il Campidoglio ha aggiunto la carta della cooperazione tra autorità italiane e romene per scongiurare il rischio pendolarismo. «Il contributo viene erogato in tre tranche: la prima alla partenza, la seconda nel momento in cui la famiglia viene presa in carico dai servizi sociali romeni e la terza dopo la trasmissione dei documenti di iscrizione a scuola dei bambini», spiega Monica Rossi, delegata del sindaco al Piano Rom. Le storie delle famiglie che hanno scelto di tornare a casa sono diverse: «C'è chi risultava già residente in diverse città romene, chi userà il contributo per costruirsi una casa e chi per ampliare la propria abitazione». «Dopo la partenza assicura la Rossi ci terremo in contatto con le famiglie, informandoci sulle loro condizioni almeno una volta al mese». I primi voli verso la Romania sono partiti ad inizio luglio. «A giugno avevano aderito all'iniziativa 17 nuclei familiari ma in molti hanno rinunciato per via della forte opera di dissuasione messa in atto da associazioni e Ong, le stesse che ora scrivono sui social che siamo crudeli e sgomberiamo mamme e bambini». Nel frattempo le 250 persone che hanno scelto di rimanere nel campo hanno annunciato, tramite l'associazione Nazione Rom, una mobilitazione dal 18 al 20 luglio per chiedere l'incriminazione del sindaco per «omissione di soccorso».

Dopo Matteo Salvini che ha annunciato un sopralluogo nell'accampamento, ora anche la Raggi è costretta a fare la voce grossa. Tanto da sfoderare un'ordinanza dal sapore un po' leghista: se entro 48 ore gli inquilini del River non accetteranno di lasciare il campo, verranno allontanati coattivamente.

La speranza è che il piano non si paralizzai, come sta invece accadendo a tutti i bandi di gara emessi dal comune. Ultimo quello sugli autobus, a dimostrazione che nessuno ha voglia di mettersi in affari con il Comune di Roma.

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