Alla fine Mario Seferovic, il rom di 21 anni che a maggio di quest'anno ha stuprato due 14enni a Roma, l'ha avuta vinta. Alle sue vittime diceva: "Prova a parlare e farai una brutta fine". E ancora: "Stai zitta, mi raccomando". Il giovane era consapevole della gravità delle sue azioni e, per questo, chiedeva alle 14enni un silenzio totale, raggiunto con metodi mafiosi (non a caso Il Sinto diceva di essere imparentato con i Casamonica).
Seferovic perseguitava le vittime sui social. E, paradossalmente, è riuscito ad averla vinta. Le vittime infatti, come riporta Il Messaggero, possono portare come prova della violenza solamente le loro parole: "Non ci sono, infatti, certificati o referti medici (proprio perché le due minori hanno denunciato il fatto a distanza di un mese e senza recarsi prima in ospedale) che possano comprovare segni di stupro".
I due rom non rispondono al giudice
I due rom Mario Seferovic e Maikon Halilovi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e restano in carcere. L'atto istruttorio nel carcere di Regina Coeli davanti al gip Costantino De Robbio è durato pochi minuti non avendo i due risposto a nessuna delle domande poste. I due giovani di 21 e 20 anni, nati a Roma da famiglie di origini bosniache e domiciliati presso un campo nomadi della Capitale, sono accusati di violenza sessuale di gruppo continuata e sequestro di persona continuato in concorso.
Halilovi ha provato a negare la sua presenza durante la violenza: "Non ero lì, sono innocente".
Stesso discorso fatto anche da Seferovic, secondo quanto racconta il suo avvocato: "Il mio assistito si dice innocente e sostiene di non aver stuprato nessuno. Faremo ricorso al Riesame e in quella sede confidiamo di poter chiarire e far cadere le accuse".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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